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Aggiornato: 30 aprile 2025


In Italia il risveglio dell'entusiasmo napoleonico fu incomparabilmente più forte e più giustificato. L'imperatore era considerato come il più grande degl'italiani: aveva risuscitato dal sonno millenario il sacro nome del paese, aveva frenato con leggi moderne l'antico disordine tradizionale, aveva versato con gesta senza pari un'ambizione inquieta nel cuore della snervata gioventù. Di tanto in tanto all'Elba gli era ribollito nelle vene il sangue italico: egli promise: «a Parigi sono stato un Cesare, a Roma sarò un Camillo». Sulle nuove strade alpine, nell'arena cesarea della capitale lombarda, nel duomo risorto dalle rovine, nell'Arco di trionfo, a cui l'imperatore aveva destinato l'Impresa di Alessandro del più grande scultore moderno, e che ora glorificava le imprese dell'Austria, l'italiano incontrava a ogni piè sospinto nel settentrione della penisola le orme del grande compatriota. Il suo Regno d'Italia era stato un governo ben più umano e nazionale del dominio austriaco e della forca borbonica. L'odio ai francesi, che la musa di Alfieri aveva bandito alla gioventù, dileguava a poco a poco sotto la cupa compressione della nuova dominazione straniera. Niccolini, che in altri tempi con un alto grido di sdegno aveva atteso sulla via di Brenno il figlio d'Italia discendente dalle Alpi, e non aveva trovato che sarcasmo per l'iscrizione della medaglia commemorativa francese l'Italie délivrée

La colonna commemorativa che si vede ancora oggi sul campo di battaglia, sulla riva del Ronco, fu eretta nel 1557, per cura del governatore pontificio della Romagna, Donato Cesi, che divenne più tardi cardinale. Delle iscrizioni incise su medaglioni di arte molto mediocre ricordano il grande avvenimento.

Vennero inoltre tutti fregiati di un'apposita medaglia commemorativa: da un lato l'effigie della Principessa col motto: Ch'io non credetti ritornarci mai; dall'altro un dragone a cavallo che galoppava con la spada evaginata, e la scritta: La Principessa ereditaria Rosmunda alla IV Compagnia del V Reggimento Dragoni, riconoscente. Notte del XXVII aprile.

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