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Aggiornato: 20 maggio 2025


Fu un omone grande grande, o nudo, dalle membra e dai muscoli ciclopici, o con un magnifico peplo e con sandali, con capelli e barba meravigliosi, con l'indice titanico della mano levata in aria terribile di comando: luce o tenebre, vita o morte.

Dopo sei ore di cammino, giungemmo al piccolo villaggio di Norma. Esso sorge sopra un altipiano, a fianco di una scoscesa montagna, presso i ruderi ciclopici dell'antica Norba. Norma, Norba, Ninfa sono qui come degli esseri favolosi. I loro nomi risuonano da ogni lato ad ogni istante e svegliano nella mente un mondo fantastico di miti e leggende.

Nessuno di quei gagliardi si dev'essere proposta mai la domanda che sembra angosciar tanto le menti tedesche: che cos'è la filologia. Badarono ad operare, ed operarono a bono. E se anche tutto il lavoro filologico compiuto dopo di loro andasse perduto, potremmo ancora, senza troppo disagio, leggere tutti i classici greci e latini. Furono lavoratori ciclopici. Lavoratori solamente?

Seduto in mezzo alle rovine, girai lo sguardo su quel verde reame di ombre, poi levai gli occhi verso la linea azzurra, tracciata nel cielo dalle montagne, su cui si distaccano gli scogli ciclopici di Norba ed il suo castello, e infine li abbassai di nuovo sulle paludi pontine e sul capo Circeo che superbo emergeva dal mare illuminato dal sole cadente.

Parola Del Giorno

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