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Aggiornato: 28 maggio 2025


Un abbandonai il mio signore e capitai a Hossanieh. Un prode mi salvò da un leone che stava per divorarmi e questo prode l'amai come sanno amare la arabe, cioè alla follìa. Comprendo. Egli era ufficiale del corpo di Dhafar pasci

E tornò al prete la dura solitudine: i domestici rifugiati nella stalla, egli in libreria. Se non che, qualche volta, preso dalla impazienza di una voce umana che parlasse, non il gergo valdostano, ma la lingua letteraria, conforto e sollievo del suo spirito, si recava, nelle giornate senza vento, ad un luogo vicinissimo donde sillabando ad alta voce di contro l’Ospizio, le pareti gli respingevano intera e netta ogni parola. L’eco era diventata il suo interlocutore. Una volta, ed era d’estate, lo intesi sfogare con quel docile dialogista certi suoi ardori patriottici d’italiano, offesi dalla impertinenza di alcuni ufficiali francesi passati quel giorno dall’Ospizio. Capitai all’improvviso, mentre scagliava contro l’innocente parete le sue invettive e ne risi; ma quando m’ebbe detto ridendo bonariamente che quell’eco era la sola buona compagnia che egli avesse per otto mesi d’inverno, mi sentii stringere il cuore per la piet

Con siffatte riflessioni capitai all'osteria. Bruciavo dal desiderio di risapere gli eventi, di consolare le fauci riarse con un bicchier di vino e lo stomaco vuoto con qualche vivanda. Quivi, pensai, piglierò in un favo il maggiore e Mingon a cena. Entrai, chiamai, picchiai e corsi la casa di dentro e di fuori. Deserto! ospiti, oste, creatura viva. Bene, dissi, l'oste se ne sar

Parola Del Giorno

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