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Tu provi i miei dolori. Tu comprendi le mie sofferenze. Tu indovini i miei pensieri. Tu udisti come me ciò che occorse nel boudoir di mia moglie, mentre io mi torceva negli artigli del male, Ivan, io mi batto domani con mio fratello... Se io muoio... ella non deve vivere. Padrone, codesto duello è desso inevitabile? Inevitabile! Noi non possiamo più vivere insieme in questo mondo.

TRASIMACO. Ti aspetto con la buona nuova. GULONE. Novissima buonissima. Or batto: toc, toc. TRINCA. Volpino, sali su quelle legna. TRINCA. Ti venghi a mente recar le corde. TRINCA. Non ti smenticar di cinquanta nespole acerbe. TRINCA. Gulone, che si fa? GULONE. Bene. TRINCA. Non è tua usanza. GULONE. Ti viene a visitar un tuo amico carissimo.

Andiamo a Mangone prima, veggiamo se Melitea sia in casa e poi rimediaremo al tutto. PANFAGO. Andiamo. DOTTORE. E se troverò che sia vero quanto hai detto, prenderò tal vendetta di loro che li farò pentir mille volte d'avermi ingiuriato. PANFAGO. Or do a desinare alla mia rabbia e da bere alla mia sete: la vendetta compenserá la noia dell'una e dell'altra. DOTTORE. Ecco la casa, io batto.

ESSANDRO. Eccola. Tornate presto e serratevi dentro; e quando io batto, aprite tosto. GERASTO. Vado. ESSANDRO. Io era disperato del tutto; ché, venendo adesso Narticoforo ed incontrandosi con lui, il fatto era spacciato per me. Egli pensandosi che vada a trovarlo, stará tutto oggi dentro; tra tanto con Panurgo pensaremo alcun rimedio.