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Voi, nel tesoro della vostra benevolenza, mi procedete parziale oltre il dovere, onorandissimo don Curzio: comunque sia, gran mercè dello amor vostro. Io, Signori miei, vi era quasi diventato straniero: temeva che il mio apparirvi dinanzi vi spaventasse, come di uomo tornato dall'antro di Trofonio; ma che volete? Me rodeva una immensa tristezza... l'iniquo male! Ed io, che provo com'egli trapani le viscere, l'ho portato sempre studiosamente chiuso nel petto, per tema che mi avvenisse come a Pandora quando aperse incautamente il vaso, e versò, senza volerlo, sul mondo la famiglia infinita dei malanni. La tristezza è la polvere sottile che solleva il vento di levante; da per tutto s'insinua, a tutto si attacca, e opprime di sgomento anime e corpi. Il malinconico, per causa più forte del lebbroso, ha da cacciarsi fuori dei tabernacoli d'Israele, e dai festini degli eredi di Anacreonte io parlo per voi, chierici, a cui mi piace professare venerazione e rispetto: in quanto a voi altri laici, forse avrei proceduto senza cerimonie... ma no... ho pensato che se io aveva causa sufficiente a gittarmi via, alberi e fiumi per appendermi, od affogarmi mercè di Dio non ne mancavano; e non doveva pormi indiscretamente tra il sole e voi per abbuiarvi la vita. Io poi non mi sono impiccato perchè, bene considerata la cosa, la morte è un brutto quarto di ora e di più, su le cose che si fanno una volta sola, ho inteso sempre dire ch'è savio pensarci sopra due; ma neppure volli contristarvi con la mia presenza. Adesso, che un filo di luce viene a rischiarare obliquamente il buio della mia anima, scoto la chioma da questa cenere; colgo anche una fiata forse l'ultima una rosa, e ve la intreccio dentro. Certo durante il verno non si vorrebbe nudrire vaghezza di rose, il gentil fiore si educa in mezzo alla neve... pure in questa alma Italia, e ve ne fa prova Beatrice mia, in ogni stagione crescono le rose; e se non ne trovi nel tuo giardino, va in quello altrui, e coglile o strappale. , strappale a forza; perchè, qual legge condanner

«Il marito sopravvenne: ella mi presentò. Neanch'io mi stupii che ella conoscesse il mio nome. Certamente doveva averlo trovato sulla tabella dei viaggiatori dopo aver saputo il numero della mia camera. Ma io non avevo pensato di fare altrettanto con lei, non sapevo come si chiamasse.... Su, in camera, durante la notte insonne, restai a lungo immobile sopra una poltrona, mi buttai vestito sul letto, tornai a levarmi più volte, sempre con lo sguardo all'uscio, come se da un momento all'altro dovesse schiudersi, come se un'ombra bianca, lieve e silenziosa, dovesse apparirvi. Non apparve, ma la vanit