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Tutta la strada è continuamente ingombra dal seguito di ras Alula, del quale verso l'una raggiungiamo il campo, che occupa uno spazio estesissimo, al centro del quale, su un'altura, sorgono le tonde del capo. Ci riceve assai cordialmente, ci fa piantare una tenda e subito ci regala di una vacca, pane, tecc, birra.

Un nugolo di abissini, impetuoso come il vento dei loro deserti, aveva sorvolato le aride montagne del nostro confine militare, travolgendo, rovesciando una delle nostre colonne, spiccata da Monkullo a difesa di Saati, avamposto assalito il giorno prima da Ras Alula.

Dopo sei ore raggiungiamo Ghedano Mariam e mettiamo l'accampamento vicino al suo, presso il villaggio di Magara Tamri, a 2100 metri d'elevazione. Il terreno è verdeggiante e sparso di acacie, euforbie e cespugli. Il giorno 15 lasciamo la via diretta di Gura per piegare più ad est e avvicinarci al campo di ras Alula.

Le due compagnie rimaste a Monkullo attendevano: un eguale pericolo le minacciava. Ras Alula dov'era? Dove sarebbe piombato dopo la ritirata di Saati? Le sue forze erano relativamente immense, i suoi soldati feroci. Tutti sapevano che il maggiore generale Genè, da molti mesi chiedeva invano rinforzi al Ministero impigliato entro un ignobile dibattito parlamentare.

Arrivo di un corriere con una lettera di re Giovanni. Considerazioni sul paese. Il campo di ras Alula. Due nostri servi imprigionati. Campo e forte di Gura. I Sciohos. Incontro di Tagliabue. Arrivo a Massaua. Hodeida. Aden. A bordo del Manilla. Un morto in mare. Arrivo in Italia. Appena rifornita la carovana dei quadrupedi necessarî, si decide la partenza che ha luogo infatti il giorno 14.

Si visitarono da capo a piedi, nelle pieghe dello scemma, si tagliarono persino i sacchettini di pelle coi talismani che portano al collo, si fece loro subire un interrogatorio, poi ci fu dichiarato che non si potevano rilasciare, e che anche noi non l'avressimo passata molto bella se ras Alula avendoci conosciuti dal re, non avesse visto quanto gli eravamo amici.

Per mezzo di ras Alula, suo grande amico, domandò della nostra salute, del nostro viaggio, e dopo poche parole ci licenziò invitando Naretti ad un'udienza per l'indomani, offrendoci ancora la mano. Mi parve avesse l'aria preoccupata, fisonomia sofferente, parlava a bassa voce, una freddezza glaciale; la mano, solo offerse, ma non strinse la nostra, ed era scarna e gelida.

Il soldato che ci fu dato come guida è dei più sucidi che si possano vedere. Ad un lembo del suo scemma tiene un grosso nodo che rappresenta nientemeno che la valigia di un corriere reale, avendovi avvolte le lettere che il re, approfittando dell'occasione, invia a ras Alula.

Da questa via passò or fa qualche giorno ras Alula col suo corpo d'esercito, e passando riscuote imposte, infligge pagamenti di multe per mancanze commesse e pretende il mantenimento per tutto il suo seguito, senza contare che tutti i soldati poi entrano nelle case e si impossessano di quanto trovano, spadroneggiando da veri briganti.

Tutti due nativi dello Scioa, e ras Alula fece dichiarare a noi e giurare al capo dei nostri servi che non avevamo altri dello Scioa addetti al nostro servizio.