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Madame de la Chaux ebbe un debole sorriso. Filippo disse qualche parola a un domestico, fece preparare il tavolino da giuoco, e mentre le dame e le fanciulle ascoltavano quella specie di conferenza sul sonno, egli sedette al tavolino col conte Lombardi, col marchese di Spinea e con Berto Candriani.

E avviandosi con Giselda, seguitò ad alta voce: Bada, che c'è molto punch bollente, che non si beve, e poco sciampagna freddo che si berrebbe volontieri. Zitto, maldicente! gli disse il marchese di Spinea. Vedremo che cosa ci offrirai quando verremo da te. Bravo, stai fresco! esclamò Berto. Resto scapolo apposta per non avere seccatori in casa!

Gli amici in giro scoppiarono in una risata fragorosa, che fece alzar la testa a Berto Candriani. Egli aveva commesso parecchi spropositi e aveva nuovamente perduto; gettò le carte sul tavoliere, dicendo ai compagni: Vi chiedo scusa; oggi non va. Troveremo qualcuno che possa sostituirmi. No, no, interruppe il marchese di Spinea. Anche noi siamo stanchi, non è vero?

Berto giuocò: era distratto e andava con la sinistra arricciandosi i baffi; di tanto in tanto gli tornava il ricordo di Loredana, che gli faceva subito smarrire il filo del giuoco; anche questa volta la partita finì con la sua sconfitta. Ah, ah! disse il marchese di Spinea, mescolando le carte. Chi è fortunato in amore....

Filippo s'aspettava qualche razzo di quei famosi, ma ormai, dopo le spiegazioni con sua madre, poco gli importava ciò che si poteva dire. È vero, domandò Berto quietamente, che hai fatto scappar di casa una ragazza? Il conte Lombardi e il marchese di Spinea, che disponevano le carte nella sinistra, alzarono sbalorditi il capo, e videro Filippo che sorrideva.

In tal modo, dentro un cerchio di tortura si dibatteva incapace a prendere una risoluzione; ora pensando a un viaggio, che lo allontanasse da uomini e da cose venutigli in uggia, ora meditando di rimanere, di riavvicinare Loredana, d'impossessarsene davvero a qualunque costo. Giuoca, giuoca! gli disse il marchese di Spinea, guardando in faccia.

Mi direte voi, chiese Berto al Lombardi e al marchese di Spinea, che cosa ha questo vecchio satiro per piacere alle ragazze? Vecchio satiro! esclamò il marchese di Spinea. Ma non ha quarant'anni; e che cosa dovresti dire di me, che ne ho cinquantasette? Satiro decrepito! sentenziò il Candriani. Filippo, occhio alla Fioresi! Quella sta facendo una passione per te, vorr

Vuole sciampagna? domandò Berto, prendendo una coppa dalle mani d'un servo e passandola a Giselda, che vi bagnò appena le labbra. Datemi due gelati, ordinò qualcuno che stava dietro il Candriani. Aspetta, disse questi al marchese di Spinea, che aveva al braccio la contessina Cafiero, ti lasciamo il posto.

Ma si morse le labbra; la vecchia frase, sfuggitagli per abitudine, s'attagliava così bene al caso di Berto e alle dicerie di quei giorni, che lo Spinea tossì più volte, quasi volesse far dimenticare le sue parole. Il volto di Berto s'era rabbuiato.

Dunque un viaggio, tu dici? riprese Filippo, fermandosi un'altra volta davanti al vecchio amico. Io aveva pensato di passar l'inverno a Roma.... No, no, un viaggio. A Roma si sa tutto, come a Venezia; figùrati se la Montegalda, la Fioresi, e venti altre, se di Spinea e lo stesso Candriani non hanno scritto agli amici di laggiù! E ciascuno a modo suo. Come sta Berto? domando Filippo.