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Sabinetta andava a scuola e non era delle ultime nel leggere e nello scrivere: ma c'era il terribile scoglio dell'aritmetica e dei quesiti ad risolvere, che eran cagione di pianti e di guai. Ezio aveva la pazienza di ascoltare questi piccoli corrucci e a poco a poco aiutava la bambina a dipanare le piccole matasse de' suoi conti col vinaio e col mercante d'olio.

La lettera, scritta sotto la dettatura di Ezio dalla manina di Sabinetta, continuava: «Quando riceverai questa mia, io sarò gi

In compenso voleva che ella gli facesse sentire qualche bella poesia del suo libro di lettura. Sedevano a un tavolino sulla terrazza, alla brezza viva del mare, e mentre la mamma preparava il , Sabinetta declamava il suo Metastasio e il suo Parzanese colle modulazioni d'una piccola artista.

Qualche volta spingevasi oltre le ultime case del paese fino a uno scoglio, su cui sorgeva un modesto caffè detto dell'Aurora che dava con un terrazzo direttamente sul mare. La sora Cecchina, quando lo vedeva comparire, metteva a scaldare l'acqua del e mandavagli incontro Sabinetta, una sua bambina di undici anni, che aveva trovato nel signor Ezio il suo angelo ausiliario.

Signorina, un lettera per lei disse la cameriera entrando l'ha portata una ragazzina. Era una soprascritta grande, di mano inesperta, una vera scrittura di bambina di scuola. Chi poteva essere? Aprì la carta, e lesse nella prima riga: «Scrivo... colla manina di SabinettaCorse a vedere in fondo al foglio. Era lui, Ezio. Che aveva a dirle? purchè le aveva fatto scrivere?