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«Bonjour», diss'ella, giudicando dalla barba. Poi si appressò a sua madre. Guarda il mio pallone, Liebstes, disse, facendo scivolare il cordoncino dal suo polso. Subito il pallone salì, rapido e lieve, e andò a battere pian piano contro la soffitta. Gli occhi disperanti di Anne-Marie lo seguirono... La stanza era alta. La cordicella pendeva lontana, fuori della portata d'ogni mano umana.

Ti è piaciuto il mio concerto, Liebstes? Ho suonato bene, cara mamma mia? Era quella l'ora felice di Nancy. Durante i concerti essa non viveva quasi non respirava: sedeva immobile, agghiacciata di paura. I concerti stessi erano per lei una tortura: la tramutavano in una statua di terrore, la avviluppavano di spavento come di un lenzuolo di ghiaccio.

Indi posò la guancia contro il braccio di sua madre, come sempre quando chiedeva un favore. Piuttosto no, Liebstes, sussurrò. L'Arbitro aveva parlato. Aldo non disse che poche parole a Nancy. Posò la mano sul capo della bambina e la guardò a lungo. Poi si volse bruscamente, prese il suo cappello e uscì dalla stanza. Che strano uomo! disse Anne-Marie. Era davvero mio padre?

Così s'allontanarono dal fragore e dalle luci, e traversarono le buie strade silenziose tenendosi strette, senza parlare. Dopo un gran pezzo Anne-Marie disse: Ti è piaciuto il mio concerto, Liebstes? Aveva imparato da Fräulein il tenero appellativo tedesco. , sussurrò Nancy. Ho suonato bene? , piccola cara! piccola mia! Un lungo silenzio. Sei felice, Liebstes? , , !