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E, mentre posava il cappello sopra una sedia, guardava il Lechini con un piglio quasi stesse in forse di divorarlo. L'auditorìno aveva paura delle violenze e delle escandescenze del suo collega, alle quali serviva spesso di bersaglio. Buon giorno, signor auditore! rispose il presidente al saluto quasi minaccioso del collega.

Mentre l'auditore Lechini credeva suo obbligo di essere sempre dello stesso parere del presidente, l'auditore Pantellini si compiaceva di esporre sempre un parere contrario a quello del suo superiore. Buon giorno! disse bruscamente, appena entrato, e come se avesse voluto addentare tutti i presenti.

Un altro magistrato, mio amico, mi scrive da Lucca che la marchesa Flabelli è fuggita col tenore Ottavini... Sempre bene informato il nostro presidente! diceva in atto estatico l'auditore Lechini. Ora dunque passiamo agli affari! osservò il presidente, interrompendo ad un certo punto la conversazione. Era tornato molto serio.

Sto benissimo, caro Lechini, rispose il presidente, gratificando di un sorriso speciale il suo prediletto. Loro, signori, stanno tutti ottimamente, lo vedo! continuò, volgendo attorno un'occhiata benevola e con un gesto di cordiale protezione. Ci sono notizie da Pisa sulla salute di Sua Altezza la Granduchessa?

Secondo che l'uno o l'altro prevalesse nella discussione, era certo avrebbe avuto con il maggior numero de' colleghi, salvo il Lechini, che dava sempre il suo voto conforme a quello del presidente, l'auditore Comettini, che votava sempre con l'auditore Pantellini suo pigionale. L'auditore Pantellini fece un gesto brusco, come se avesse voluto dire: Era tempo!

Il lettore attento faccia su questi rapidi cenni le sue meditazioni, chè gli gioveranno. Noi torniamo alla Camera di Consiglio ove erano riuniti i sei auditori. Il presidente sedeva ad una gran tavola, che era quasi nel mezzo della stanza. Accanto al presidente, quasi incollata alla sua poltrona, era la sedia su cui appoggiava il gramo dorso l'auditorino Lechini.

No! ripetè l'auditore Lechini con voce più forte, come se mettesse il suo più legittimo orgoglio nel mostrare che egli era della stessa opinione del suo superiore. Le altre domande ebbero eguale risposta. L'auditore Salti si alzò. Ho bisogno di assentarmi per un momento! egli mormorò. L'aspetteremo, soggiunse il presidente. Dobbiamo deliberare sul quantitativo della pena...

Vostra signoria sta bene? domandò l'auditore Lechini, un omettino di bassa statura, magrolino, sempre ligio, cerimonioso, e che faceva uno sforzo per non buttarsi in ginocchioni quando parlava col presidente, con gli alti magistrati della Consulta, o con qualche altro dignitario da cui dipendeva il suo avanzamento.

Lo stato di Sua Altezza rispose il Lechini, inchinandosi nel pronunziare la parola Altezza, e andando a cercare tra molte carte sopra una tavola la Gazzetta di Firenze, del giovedì è sempre il medesimo. Ecco quello che dice il giornale. Il presidente, sedutosi nella sua poltrona, faceva sembiante di prepararsi ad ascoltare con grande raccoglimento.

Ho sentito sere sono riprese il presidente al Teatro degl'Infuocati una ragazza, che canta di contralto, in modo... creda, Lechini.... da sbalordire.... Si chiama Clementina Vecchietti. E cantava quella bellissima aria del nostro Mercadante: Ah! s'estinto ancor mi vuoi... E il magistrato ripeteva l'aria a mezza voce, e con la mano destra batteva la misura sopra un bracciuolo della poltrona.