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L'idea dell'Impero, Impero internazionale, astratto ed ideale, si era indebolita, mancandole una base nazionale; rifiorì subito e prosperò invece appena potè appoggiarsi alla nazione tedesca. Passarono tre secoli da Ottone I alla caduta degli Hohenstaufen, nel qual tempo la Germania si alzò ad un universale dominio. Sotto gli Ottoni la Chiesa dovette inchinarsi alla potenza imperiale. I papi furono, come i vescovi di tutto l'Impero, nominati dagl'Imperatori che si erano arrogati il diritto della loro scelta. Grande fu la potenza della dinastia Franca: sotto Arrigo III l'Impero toccò l'apice della potenza. Ricadde poi per la debolezza dell'infelice Arrigo IV. Le cause di questo fatto sono molteplici, ma due fra di esse sono essenziali: il movimento dell'aristocrazia feudale tedesca e la riforma gerarchica della Chiesa, compiuta dal grande pontefice Ildebrando. L'Impero si era completamente feudalizzato; l'aristocrazia dei conti e dei duchi cresciuta in potenza si era arrogata il diritto dell'elezione imperiale, e lo stesso aveva fatto la nobilt

Qui, nel momento in cui l'uomo poderoso prende il mare, per tentare gli Dei per la seconda volta, a me sembra che una voce gli gridi dietro: «La triste, eterna legge del fato dispone per tutte le cose, che quando esse hanno raggiunto l'apice, ricadano nel fondo più presto di quanto sono salite». La voce è quella di Seneca, di quell'antico uccello della disgrazia, che ha un diritto speciale di lanciare dietro a Napoleone questa massima, poichè egli vide finire in modo terribile i grandi della terra, l'imperatore Tiberio, l'imperatore Caligola, l'imperatore Claudio e Cesare Germanico, poichè egli rimase per otto anni in esilio in Corsica e studiò la saviezza e conosceva la natura per esperienza profonda, e così poteva predire pure la fine delle cose napoleoniche.

Pende dai suoi cenni il boia, ed ai cenni del boia stanno attenti due valletti... così è: l'apice della gloria umana si tocca, e presto; per la infamia non vi ha scandaglio che basti. Inferno senza fondo è questo nostro civile consorzio: anche il carnefice ha i suoi subalterni.

Dopo quattro notti dormite in vettura da Castrovillari a Napoli e venticinque per terra da Aspromonte a Castrovillari col firmamento per soffitto, la visione d'un letto soffice e la prospettiva di dodici ore di sonno sembravanmi l'apice della umana felicit

Al capo stazione!... Si ripetè tutti meravigliati Per vedere di queste cose bisognava venir proprio in Francia! E in Italia che dicevamo nel 1867 di aver raggiunto l'apice della confusione! Un innocentissimo capo stazione ridotto per a capo di stato maggiore per provvedere al movimento dei corpi che son di passaggio, ci riesciva proprio nuova di zecca!

Lo farò s'ella mi chiude la porta in faccia... s'ella non mi lascia il tempo di riabilitarmi ai suoi occhi... In fine, dopo aver toccato l'apice della felicit

La simmetria è rotta, nell'alto del quadro a destra, dalla vetturetta del capitano Raby, strano canotto nell'acqua verde. A sinistra nel basso del quadro l'ultima blindata sembra un sottomarino emerso col suo chiosco-torretta. Vicino a questo un autocarro sembra un veliero capovolto. Il quadro è anche sonoro poichè ecco la sua polifonia tocca l'apice di tutti gli acuti in un Vivaaaaaaaaaaaaaa!

Egli aveva compreso immediatamente, trovandosi in contatto con la genia curiale romana ch'egli era arrivato a porto, che aveva attinto l'apice a cui potesse sperare, e che qualunque fosse la tesa delle sue ali, eragli interdetto d'innalzarsi più su. Egli era radicalmente incompatibile col mondo romano vaticanesco.

Vi era talvolta qualche incoerenza nelle sue parole, e di tanto in tanto le passavano sulla bocca dei sorrisi pieni d'una poesia misteriosa. Il ballo era magnifico. Fu una di quelle feste che fanno epoca e che rimangono come pietra di paragone di tutte le altre e spesso per molto tempo come l'apice inaccessibile della ricchezza e della eleganza.