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Da otto giorni era preannunziato lo spettacolo: Vita e morte di Santa Genoeffa; e l'Orso peloso e sua moglie lavoravano a mettere in assetto i personaggi: a trasformare Colombina in Santa Genoeffa, Carlo Magno in Principe del Brabante, e altri pupi in gentiluomini di corte.

E la madre Abadessa lo felicitò di aver rinunziato al mestiere di burattinaio, che ripetè faceva commettere tanti peccati alla gente, perchè l'opera, se non lo sapeva, è invenzione del demonio. Rappresentavamo anche il martirio di Santa Genoeffa disse Cardello, che non riusciva a persuadersi che l'opera fosse invenzione del demonio.

Si girava una manovella, e le nuvole e gli angeli e i serafini e l'anima di Santa Genoeffa montavano lentamente su. Cosa maravigliosa!

A chi gli domandava: Cardello dove vai? egli rispondeva con lo strillo pulcinellesco, quasi come segno del mestiere che intendeva di scegliere. Poi avea parlato della cerva che sembrava viva, con le corna ramificate alte così; l'avrebbe manovrata lui. E avea parlato delle nuvole, degli angeli e dei serafini che portavano su, in cielo, l'anima di Santa Genoeffa.

Da otto giorni, Cardello si esercitava a far andare e venire dalle quinte di carta la cerva, personaggio importantissimo, che dava il latte ai due bambini nel bosco dove Santa Genoeffa viveva coperta di stracci, e a far muovere il macchinismo dell'ultimo atto, quando l'anima della santa doveva salire in cielo fra una gloria di angeli e di serafini, opera di don Carmelo, che la restaurava, incollando, dalla parte di dietro, pezzetti di cartone alle ali dei serafini sgualcite e alle nuvole strappate.