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Trecento anni! Non ti ricordi? Noi eravamo assieme in questo castello: ma sono memorie terribili! non le evochiamo. Sarebbe impossibile; io le ho dimenticate. Le ricorderai dopo la tua morte. Quando? Assai presto. Quando? Fra venti anni, al venti di gennaio: i nostri destini, come le nostre vite, non potranno ricongiungersi prima di quel giorno. Ma allora?

«Perchè tu mi possa comprendere, è d'uopo che io risalga al principio... »Evochiamo l'angelo della rivelazione, il Prometeo della luce, il Dio agitatore di tutta la mia vita!... »Crederesti?... nel profferire il nome di Adolfo, io risento una commozione viva, che mi sembra, come l'antica fata Morgana, uscire ringiovanita dalla vasca miracolosa. »Egli dunque si chiamava Adolfo....

E vorrei proseguire: vorrei imitar l'esempio di Emilio Augier, che all'Accademia francese, dovendo tesser l'elogio d'un poeta illustre, disse: Quale omaggio migliore gli si può rendere che quello di recitare i suoi versi? e conchiuse: Non aggiungiamo nulla: portiamo con noi intera la nostra commozione, e che il poeta tramonti nella sua gloria. Ma recitar quei versi che furono la più schietta e calda espressione dell'anima sua, e darmi così l'illusione di riudir quella voce che non udrò mai più, non potrei: la commozione me li soffocherebbe nel cuore. Evochiamo una sola, la più bella forse delle sue creazioni, quella in cui più mirabilmente s'accordano l'altezza del concetto, la grandezza del disegno e l'andamento grave e solenne del ritmo che par che segni il passo di Leonida armato nel silenzio della notte. Alla mente di tutti, senza dubbio, è presente la figura augusta dell'eroe che, al raggio delle stelle, risorto dalla tomba d'Antelo, con la grande asta nel pugno, discende, circonvolato dall'aquile, per andar a cercare se sia sorta nel mondo una nuova gloria pari a quella delle Termopili, e riposar l