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Il vecchio soldato di Napoleone aveva voluto vestire per l'ultima volta la sua antica assisa di velite, quell'abito di bianco panno dalle risvolte e da' paramani verdi, sotto al quale batteva lento e tranquillo ancora il suo cuore, come nei giorni della battaglia; all'occhiello dell'assisa pendeva un nastro di color verde e rancio, l'unico, il più prezioso giojello ch'egli avesse posseduto al mondo, l'insegna cavalleresca della corona di ferro.

Era il programma di Roma. No. Non era vero, il cristianesimo il cattolicismo erano così. La redenzione di Cristo non poteva conchiudere all'oppressione del mondo per opera della sua chiesa. Una difficile e tremenda menzogna agiva dentro la tradizione divina. La storia ecclesiastica, che avrebbe dovuto essere la storia dell'ideale verso cui la storia umana piena di delitti e di catastrofi doveva costantemente sollevarsi, non era più stata, dai primi tempi della persecuzione e dell'assisa dei dogmi, quello che doveva. Il mondo da lei purificato l'aveva corrotta; filtri e lambicchi finiscono sempre così. I papi s'erano scannati fra loro, i cardinali li avevano venduti, gl'imperatori erano spesso riusciti ad assoggettarli; i preti, eredi di martiri, che avrebbero sempre dovuto aspirare al martirio, s'erano abbandonati alle cupidigie di ogni impero, e impotenti perchè il loro carattere sacro derivava da una amputazione del carattere umano, avevano finito col preferire le ricchezze alla gloria. Per conservare un minimo regno ottenuto da una falsa donazione, quasichè i regni potessero donarsi, difeso per secoli contro insurrezioni feudali e municipali, sempre negato dal popolo, non avevano dubitato di turbare la storia di tutte le genti. Possessori di beni immuni d'imposte, esenti da ogni obbligo civile, erano quindi diventati stranieri nel mondo, entro il quale per turbolenza di vizi avevano voluto discendere e sul quale avevano regnato nel nome dell'ideale. No; Roma, sede del papa perchè il cattolicismo è universale, non poteva e non doveva essere un feudo del pontefice prolungando nel mondo moderno l'errore della feudalit

Al proposito della estrema cura di Carlo pe' suoi orti si legge un curioso diploma dell'8 febb. 1278 a Adamo Morhier vicario in Sicilia, cui il re raccomandava il palagio e il giardin di Palermo, e que' della Cuba, dell'Assisa, della Favara, e del Parco; nel r. archivio di Napoli, reg. segnato 1268, A, fog. 37 a t.

La folla, per la maggior parte di giovani, cittadini e del contado, d'ogni mestiere, d'ogni ordine popolare, stipavasi intorno ad un assito a recinto, nel cui mezzo sorgeva un impalcato protetto da un padiglione di tele listate di bianco e rosso, antichi colori del Comune, gloriosi anch'essi un giorno, quando a' tempi della lega lombarda sventolarono dall'antenna del Carroccio. Su quel rialto, diverse ragguardevoli persone vestite dell'assisa ricamata, ed alcuni sacerdoti in vesta talare, assistenti alla funzione, sedevano in giro ad una larga tavola coperta d'un verde tappeto. Sulla tavola, fra' quaderni, registri e processi verbali, aperti sotto gli occhi di que' signori, sorgevano tre urne, da ciascuna delle quali si tiravano a sorte, alla vista di tutti, i polizzini de' numeri e de' nomi, che passati di mano in mano dall'una all'altra delle circostanti autorit