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Il giardino di Gioiosa Guardia, anzi i giardini, perchè erano quattro, bisognava andarli a cercare in alto, come gli orti pensili di Semiramide. Si stendevano essi sui bastioni della rocca, per tutta la lunghezza delle cortine, fiancheggiati e conterminati dalle torri, che, per conseguenza logica quanto architettonica, erano appunto quattro, senza contare il battifredo, gran torre più alta, dalla parte dell'ingresso, colla campana al sommo e con l'orologio nel mezzo. Forte arnese per guerre medievali, la Gioiosa Guardia non poteva più dirsi tale in un tempo che le artiglierie mobili e di grande gittata potevano batterla da parecchie eminenze circostanti. Ma essa non s'aspettava di queste noie, e il suo padrone, amico della pace, ne lasciava il carico ad altri luoghi fortificati della sua parentela, da Montobbio a Pontremoli. In uno di quei casi di necessit

Giungevano inaspettati alla Gioiosa Guardia, con la bella notizia che li seguiva il padrone. Partito a bruzzico dal suo castello, messer Bartolomeo ritornava per l'ora di cena: gran fretta, sicuramente, ma anche un bel miracolo di galoppate. E fu accolto con le faci; suonò a festa la campana del battifredo; non mancò neppure una salve d'archibugiate.

Era il ponte una lunghissima tavola, sostenuta da catenoni, la quale si abbassava, precisamente come i levatoi, a mettere in comunicazione la piattaforma del battifredo colle mura nemiche. Calate il ponte! gridavano ancora Gisalberto e Aginaldo, correndo sulle strette scale. Maestro Sega, mettete i contrappesi! comandava Ugo con poderosa voce: Girate le ruote e tendete le corde!

Oh perchè la moda, la maledetta moda, li ha raccolti e stipati in così fitto manipolo sul capo della donna amata, in sembianza di torre, irta di guerrieri, sul dorso dell'elefante? Quei mazzocchi a cupola, a campanile, a battifredo, mi fanno paura; io li abbomino, perchè tolgono alla chioma i suoi pregi più cari, la morbidezza e l'ondeggiamento.

Per le feritoie e per le petriere, con forte scarica di frecciate e di sassi, e con la voce è loro intimato di allontanarsi. Il corruccio del popolo dirompe. Tutti quei curiosi, o neghittosi, o pietosi ed anche divoti, si cangiano in partigiani. Essi accostano alla torre un battifredo, protetti dai pavesi, ed intendono a travagliare le mura, forare la torre.

E gli armati che erano sul battifredo, si precipitarono giù dalle interne scale di esso, perchè fosse più leggiero; e, attaccatigli cavalli dai lati, e dietro spinto da Ugo, Aginaldo, Gisalberto e da molti fanti, quello si avanzò, tentennando maestosamente, fino a dieci passi dal fossato. Arrestatosi, gli armati s'incalzarono per salirlo, gridando:-Calate il ponte!