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Però a la dimanda che mi faci quinc’ entro satisfatto sar

E io ancor: <<Maestro, ove si trova Flegetonta e Lete`? che' de l'un taci, e l'altro di' che si fa d'esta piova>>. <<In tutte tue question certo mi piaci>>, rispuose; <<ma 'l bollor de l'acqua rossa dovea ben solver l'una che tu faci. Lete` vedrai, ma fuor di questa fossa, la` dove vanno l'anime a lavarsi quando la colpa pentuta e` rimossa>>.

«In tutte tue question certo mi piaci», rispuose, «ma ’l bollor de l’acqua rossa dovea ben solver l’una che tu faci. Letè vedrai, ma fuor di questa fossa, l

LA «GELOSIA» FA IL PROLOGO. So ben ch'ogniun di voi che mi vedrá cosí vestita di giallo, con faccia cosí pallida e macilente, con gli occhi sbigottiti e fitti in dentro e co' giri d'intorno lividi, con questi faci, serpi e stimoli in mano, desidererá saper chi sia e a che fin qui comparsa, rappresentandosi agli occhi vostri piú tosto una sembianza tragica e mostruosa che convenevole a' giochi e feste della comedia che aspettavate.

Inteneriva Quell'ineffabil mistica armonia Degli aspetti, moltiplici, e dell'inno Da tante bocche e tanti cuor sonante, E del brillar dell'infinite faci, Il pio simboleggianti amor ridesto.

Pero` a la dimanda che mi faci quinc'entro satisfatto sara` tosto, e al disio ancor che tu mi taci>>. E io: <<Buon duca, non tegno riposto a te mio cuor se non per dicer poco, e tu m'hai non pur mo a cio` disposto>>. <<O Tosco che per la citta` del foco vivo ten vai cosi` parlando onesto, piacciati di restare in questo loco.

Giungevano inaspettati alla Gioiosa Guardia, con la bella notizia che li seguiva il padrone. Partito a bruzzico dal suo castello, messer Bartolomeo ritornava per l'ora di cena: gran fretta, sicuramente, ma anche un bel miracolo di galoppate. E fu accolto con le faci; suonò a festa la campana del battifredo; non mancò neppure una salve d'archibugiate.

Primo, a questi svogliati gli propongo un rivale e gli lo depingo di maggior valore di lui; poi, subito gli avento al petto una di queste serpi, le quali scorrendogli per lo core, lo riempiono di gielo e di veleno; appresso, sottentro con queste faci accese nel foco tartareo e l'accendo di fiamme cocenti e ardentissime, e di passo in passo lo pungo con questi chiodi, coltelli e stimoli: talché in poco spazio di tempo gli riduco non solo ne' primi amori, ma piú tosto in rabie e furori e nella forma che voi mi vedete.

Amor di donna è ardor d'un spirto nero, lo cui viso se 'n gli occhi un Angiol pare, non t'ingannar, ch'è fraude e non Giustizia. Giustizia esser non puote, ove malizia ripose de sue faci il crudo arciero, per cui Satán Angiol di luce appare. «Dux malorum foemina et scelerum artifex». SEN.

Dolce è l'aspetto De' templi santi, Dove tra faci Sfolgoreggianti, Dove tra incensi, Dove tra canti Di Dio grandeggia La maest