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Aggiornato: 16 luglio 2025
Quattro saltaron sul letto, gli altri, me compreso, si buttaron per terra facendo un diavoleto indescrivibile. Nessuno potè dormire: tutti ci perdevamo in congetture più o meno umoristiche sulle accoglienze che avremmo avuto in Italia. Suonarono le tre e ci avviammo alla stazione: si bevve per l'ultima volta una buona bottiglia di vieux Macon e poi ci buttammo nei vagoni a noi destinati.
Fin allora avevamo veduto i soldati ammonticchiati l'uno sull'altro nei vagoni di terza classe: noi tutt'al più eravamo quattro per scompartimento; ci era posto da sdraiarsi e di attaccare anche un sonnellino.
Entrammo nella stazione: quelli che viaggiavano a conto della questura erano stati ficcati in due vagoni di terza classe, e cantavano: cantavano dalla rabbia o dal piacere?
A una cert'ora, trovandomi vicino a una stazione, volli fare una corsa per la strada ferrata sotterranea. Scendo due o tre scale, e mi trovo tutt'a un tratto sbalzato dal giorno alla notte: lumi, gente, strepito, treni che giungono e che spariscono nel buio. Giunge il mio, si ferma, gente si precipita giù, gente salta nei vagoni; mentre domando dove sono le seconde classi, il treno è partito. Ma che maniera è questa? dico a un'impiegato. Non si confonda, mi risponde, eccone un altro. L
Spiegò poi l'abbaglio a Paolina, dimostrandole come sui «bastimenti d'acqua» quel che è primo per i vagoni di terra diventa ultimo, e quel che ivi è ultimo qui diventa primo, precisamente come vedremo nella valle di Josafat, il giorno del giudizio universale.
Il grosso signore si rivoltò ancora, lui e il suo naso, contro la stazione. Era interessante guardare quello che vi succedeva. Un grigio enorme, un umidore intenso, una folla sconvolta era sotto la tettoia: ogni tanto passava qualche macchina fumida, gemebonda che trainava vagoni lenti grondanti da una impellicciatura mostruosa di neve: dentro si vedeva sfilare un ingombro di umanit
A Genova ci si fece discendere dopo che il treno si era vuotato. Ci dovevano essere, col nostro, altri vagoni cellulari, perchè la «catena» si era ingrossata. Potevamo essere una cinquantina, compresa una reclusa. La donna, che aveva le mani slegate, non era trattenuta dal giro della catena comune. Ci seguiva.
Il cielo è una lugubre inondazione nella quale sembrano beccheggiare i barconi che passano alti sui vagoni interminabilmente. Un motociclista arriva con scoppi, balzi e scia schizzante. Si ferma per domandare la strada. Col suo gabbano grondante, sembra un palombaro.
Sulla quale carta, coi quali colori, coi quali peli avevo intenzione di buttar giù qualche poverissimo acquerello. Sobborgo di Genova. Filatere interminate di vagoni, ruote scorrenti nel polverio nero, carichi immani, locomotive tozzotte dal fischio che pare lamento di fatica, io vi saluto.
Parola Del Giorno
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