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Aggiornato: 18 giugno 2025


Nei numerosi suoi scritti trapela sempre il disprezzo per le istituzioni e l'esercito. A lui si deve l'Inno dei lavoratori, divenuto il grido di guerra dei socialisti. È designato quale autore, insieme al Rondani, del manifesto ai lavoratori italiani, di cui si è sopra parlato. Certo egli ne ebbe conoscenza prima che fosse divulgato.

Se una tanta sciagura doveva alienare i Lombardi dall'imperatore, più ancora conferirono ad esacerbare viemaggiormente gli animi in quell'occasione la condotta e le parole del vicerè. Nel carteggio di lui con quei della sua famiglia o con gli ufficiali dello Stato, ne' suoi manifesti, ne' suoi bandi cotidiani, trapela ad ognora quel sentimento fatale di soprastanza di cui un Francese stenta sempre moltissimo a sceverarsi inverso all'estrano. Eransi partiti i Lombardi dal loro bel paese, abbandonando il mite loro clima, rinunziando ogni conforto, ogni agio della vita, correndo ad esporsi ai più crudeli stenti, alle fatiche, ai geli, ai patimenti, alla schiavitù e alla morte, e tutto ciò per una causa tutt'altro che propria, e dalla quale non aspettavano alcun pro per la patria loro. Non era egli in debito di dar loro alcuna testimonianza di benivolenza, colui pel quale sagrificavano volonterosi persino le vite, e il quale avea di gi

Perchè mai? mi domandò gentilmente. Vittor Hugo è così dolce, così affabile con tutti! Egli ha il cuore d'una fanciulla e i modi d'un bambino. Tutto quello che v'è di aspro e di terribile nei suoi libri è uscito dalla sua grande immaginazione, non dal suo cuore. Non vedete che gli trapela la dolcezza dal viso? Guardatelo. Lo guardai.

Beatrice avendo avvezzato il guardo alla scarsa luce, vede nello angolo della prigione un genuflesso che teneva il volto nascosto nelle mani: anche lui cuopre un cappuccio, trapela parte alcuna delle sue sembianze: sta immoto così, che non rassembra animato. Perchè si trattiene costui? E chi è egli, che presumerebbe essere messo a parte dei segreti del cielo?

Nei libri seguenti che costituiscono l'ultima parte delle Storie, il disordine della composizione e il cortigiano riserbo in faccia all'opera dei Medici degenerano in menzogna. Dopo aver accennato col solito disprezzo alle due scuole braccesca e sforzesca, che allora dividevano le guerre italiane sotto gli ordini dei due più grandi capitani del secolo, Francesco Sforza e Niccolò Piccinino, ed avere assai malamente raccontate le loro imprese nello Stato della chiesa, viene al ritorno trionfale di Cosimo e vi si imbroglia descrivendone le circostanze. Il suo odio democratico trapela dalla sua prudenza di letterato cortigiano, mentre la passione dell'analisi politica gli viene soffocata dalla paura di uomo povero alla mercede dell'ultimo papa dei Medici. Poi divaga in altre guerre italiane. Valendosi dei Commentari di Neri Capponi, descrive il gran torneo militare fra Niccolò Piccinino al soldo del duca di Milano e Francesco Sforza generale della Lega, e neppure qui l'odio ai capitani di ventura abbandona il romanziere di Castruccio Castracani, che non s'accorge d'avere davanti due soldati, ai quali solo i migliori dell'antichit

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