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Che nel giorno 8 maggio il Rondani, il fido compagno del Turati, si recò in Svizzera; ed a Brissago, Locarno, Bellinzona e Lugano cercò riunire, formare in bande e dirigere al confine i numerosi operai italiani per accorrere a Milano in aiuto degli insorti.

Che poco appresso esso ed il Rondani, sempre insieme, si diressero alla Stazione centrale ferroviaria, ed ivi introdottisi si trattennero a colloquio presso il deposito delle locomotive col noto socialista, pur latitante, Giuseppe Mantovani, conduttore ferroviario a riposo, segretario del Comitato esecutivo della Lega ferrovieri, il quale subito dopo lavorò a tutto uomo per determinare lo sciopero generale dei ferrovieri. Infatti nel giorno appresso furono diramate fra i ferrovieri medesimi due circolari che eccitavano allo sciopero; nel 9 diversi macchinisti e fuochisti si rifiutarono a prestar servizio, e firmarono una dichiarazione diretta ad indurre i compagni allo stesso rifiuto; e soltanto per l'energia delle Autorit

Nei numerosi suoi scritti trapela sempre il disprezzo per le istituzioni e l'esercito. A lui si deve l'Inno dei lavoratori, divenuto il grido di guerra dei socialisti. È designato quale autore, insieme al Rondani, del manifesto ai lavoratori italiani, di cui si è sopra parlato. Certo egli ne ebbe conoscenza prima che fosse divulgato.

Che durante quei primi disordini il Turati, insieme all'altro capo e ben noto socialista Dino Rondani, ora latitante, si recò sul posto, si impose alle Autorit

Che nella mattina successiva lo stesso Turati col Rondani si trovò a Porta Venezia quando si innalzavano le barricate, ed infieriva maggiormente la lotta, e ad un bravo cittadino che a lui rivolgeva preghiera d'interporsi e far cessare un inutile eccidio, rispondeva cinicamente: I cadaveri servono a qualche cosa: sono le pietre miliari delle conquiste avvenire del popolo.