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Nel libro del Salomone-Marino questo tipo del vecchio contadino siciliano è messo in piena luce con amore e con imparzialit

Il patriziato era caduto in istanchezza: e quando con l’atto memorando del 20 luglio 1812 il Braccio baronale del Parlamento siciliano faceva spontaneo sacrificio di quei privilegi e di quelle preminenze, esso compieva un nobile atto di patriottismo, ma rinunziava ufficialmente al resto di ciò che avea parte perduto, parte dimenticato.

"Non ostante il socialismo, il comunismo, l'anarchismo che gli hanno importato in casa, il contadino siciliano è rimasto tolgo in prestito queste parole dalla conclusione del libro lavoratore attivo e diligente.

Ma vivo da vent'anni in Italia, e da dieci corro in su e in giù la Sicilia specialmente, pei sugheri. Voglio bene a quest'isola; voglio diventare siciliano: e compro terreni per speculare. La coltivazione qui è molto indietro. Darò il buon esempio.

Però mi son proposto, io Siciliano, di narrare la mutazion di dominio, che seguì nella mia patria al cader del secolo decimoterzo. E in vero, lasciati i tempi rimoti troppo, difformi per costumi, religione, linguaggio, e tutt'altra parte di civilt

Avevo capito che egli non approvava gli orrori di quelle triste giornate; voleva però che un siciliano non arrossisse della sua patria neppure quando essa, in un momento di aberrazione, si comportava selvaggiamente. Egli chiamava Palermo: la prima citt

Il legno, nel caso nostro, siciliano, palermitano, era alla sua volta munito di cannoni e di moschettoni carichi sempre a palla, pronti a far fuoco al primo appressarsi di galeotte sospette.

Com'era orgoglioso di quella raccolta che avrebbe recato trionfalmente il nome del popolo siciliano per tutto il mondo!