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Aggiornato: 5 maggio 2025


Entrò Ernesta e sorrise; entrò la signora Virginia Rinucci e chinò gli occhi a terra. Agenore si credette in dovere di fare un saluto; ma la vergine arrossì. E per un quarticino d'ora, ad ogni volta che al dottore senza avvedersene accadeva di guardare la signorina o di rivolgerle la parola, la signorina arrossiva e chinava gli occhi a terra.

Appena suonato il pranzo mi vi recai, quantunque non fossi in grado di prender cibo. Ella non venne che tardi, verso la fine. Scambiò qualche parola con Mrs. B., la signora dal profumo di rose, e a un tratto mi guardò arrossendo come se avessi potuto intendere qualche loro parola; ma io approfittavo dell'insolito dialogo per poterla contemplare liberamente, ed ero tanto assorto nel suo viso, nella sua mano elegante, nella musica della sua voce, che non prestavo attenzione al senso delle sue parole. Mi guardò qualche volta ancora, ma forse meno del giorno prima. Appena finito il pranzo scomparve e ridiscese mezz'ora dopo. L'amica sua le propose un breve passeggio. Ci aveva forse veduti conversare insieme prima di pranzo; nel passarmi accanto mi disse amabilmente: viene? Mrs. Yves non ebbe un cenno, una parola; pure accettai subito e si prese insieme il pittoresco sentiero che conduce a Lanzo fra i castagneti. Mrs. B. parlava molto, ma solamente in inglese; a me il parlar l'inglese riesciva difficile e difficilissimo l'intenderlo. La signora sorrideva, mi correggeva amabilmente. La Yves taceva quasi sempre, io sapevo rivolgerle la parola; e vi era nel nostro silenzio un'occulta complicit

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