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³⁵⁶ Hager, Gemälde e Maria Pitrè, Donne, passeggiate e societ

¹¹ Pitrè, Usi e Costumi, v. I, pp. 98 e 107. E poichè la secolare costumanza non consentiva, come non consente, il passaggio delle carrozze per la citt

Mazzieri e servitori in livree sontuose, guardie pretoriane in vivide uniformi, soldati dagli alti berretti, dalle corte giacchettine, dalle larghe strisce di cuoio incrociantisi loro sul petto, dai grossi archibugi, completavano l’accompagnamento, civile e religioso insieme, come quello del Corpus Domini²². ²² Pitrè, Spettacoli e Feste, pp. 419-23. Ma la festa non finiva qui.

²⁵ Maria Pitrè, La Kalsa e i Kalsitani in Palermo. Palermo, 1903. Specie di colonia di pescatori della Kalsa era la frazione di S. Pietro nel rione della Loggia, che poi con quella venne a poco a poco formandone un’altra, parte di pescatori, parte di marinai, nel Borgo, dove i Lombardi, per ragioni di commercio, facevano vita propria.

Si diceva che i fanciulli imparano a leggere non per il maestro, ma per via delle sferzate⁴⁴³; e ripetevasi per sentita dire il verso del Veneziano: La ferla ’nsigna littri, nomi e verbi. ⁴⁴³ Pitrè, Proverbi siciliani, v. I, cap. La sferza era il dio della istruzione, e fuori di essa impossibile sperar bene.

S. Giulianu l’Ospitaliero custodiva i viaggiatori: ed il paternostro, comune anche fuori Sicilia, ha questa strofe: Sanciulianu, ’ntra l’äuti munti, Guarda li passi, e pöi li cunti: Tu chi guardasti l’acqua e la via, Guardami a mia e a la cumpagnia²¹⁷. ²¹⁷ Pitrè, Usi e Costumi, v. IV, pp. 308-9; e Il Paternostro di S. Giuliano. Palermo, 1902.

La bizzarra costumanza¹⁵ richiama quella della benedizione degli animali da tiro e da sella, carichi di nastri e di campanelli, nella chiesa di S. Antonio Abate. ¹⁵ Pitrè, Spettacoli e Feste, pp. 288, 313, 324, 339, 342 e segg.

³⁷⁰ Hager, Gemälde, nella cit. vers. di M. Pitrè, p. 4. Tra le rare onorificenze e, perchè rare, pregiate, qualcuna concedevasene a donne, per meriti e virtù preclare.

Quest’accolta di maschere, guidata dalla infernale orchestra, era appunto la tubiana; la quale per lazzari, mammelucie, papere, ammucca-baddottuli, e d’ogni strana maniera travestimenti accrescevasi all’infinito. ² Pitrè, Usi e Costumi, v. I, pp. 26-27.

⁴⁹⁸ Anni 1780, 1787, 1790. ⁴⁹⁹ Pitrè, Fiabe, Novelle e Racconti pop. sic., v. IV, n. CCLXVIII. Cfr. nel presente volume il cap. II, p. 27. Forte, incessante il desiderio dei cittadini di recarsi ogni giorno a questo luogo di svago, forte così da diventare una specie di bisogno. La stagione inclemente e le giornate rigide non valevano a moderarlo.