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Aggiornato: 10 giugno 2025


I Pistoiesi vedutosi muover contro un esercito poderoso, a un subito allarme che fece dar loro il Di-Fede, furon tutti sulle difese. Si cominciò dalle mura con macchine di trabocchi e tripanti a scagliare addosso ai nemici grosse e piccole pietre: quali a tiro breve e sicuro, quali altre a lungo ed incerto, così però che de’ molti assedianti or l’uno or l’altro n’era colpito.

Or mentre in Pistoia avvenivano questi fatti, e i cittadini, fra la fiducia e il timore, ma con fermezza e con ordine, compievano opere di difesa dentro e sopra le mura; il duca Roberto riconosciute per grandi, e più invero di quel che si fossero, le forze dei Pistoiesi, dispose a Prato di rinforzare l’esercito di gente a piede e a cavallo, e di non muoversi altrimenti che con tutti insieme quei della Lega.

Fra le famiglie pistoiesi che ricordammo, e che tutte, secondo li storici, presero parte agli avvenimenti di quel tempo, non ci tratterremo a discorrer di quelle omai famose de’ Panciatichi e de’ Cancellieri.

Se al capitano premeva molto, in pro suo e del suo partito, la difesa di quel fortilizio, non meno gli stava a cuore che i poveri Pistoiesi fosser trattati il meno male possibile.

E dopo una tale domanda, in un giorno di buon umore o di comune pericolo, i cittadini di Lodi e quelli di Bergamo, i cittadini di Arezzo e i Pistoiesi, i cittadini di Faenza e quei di Ferrara, si fusero in una denominazione più collettiva Lombardi, Toscani, Romagnoli.

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