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Aggiornato: 24 giugno 2025
Argomentate se non dovesse esser lieto, e se non dovessero parergli lievi le splendidezze che s’era dato a fare, per rendere più gradevole all’ospite suo la dimora di Torrespina. Egli aveva cavato fuori dalle pergamene domestiche un matrimonio di Guglielmo VI di Monferrato con Berta di Clavesana, del cui sangue era eziandio sua madre, e cotesto gli dava il diritto di chiamare il giovane Morello col nome di cugino. Di sovente si compiaceva a notare come il parente suo fosse cortese a voler dimenticare, per quella malinconica bicocca delle Langhe, gli splendidi ozii di Acqui e d’Ivrea, le cacce, i tornei, le dame ed ogni altro più gradito sollazzo della corte paterna. Di questo, ch’egli soleva chiamare sacrifizio superiore all’et
O che hai paura che delle baldracche vada sperso il seme? Così gli rispondeva la sbirraglia, a cui, vinto dal numero, cesse mastro Alessandro. Stretto nelle braccia, lo spinsero per le spalle giù nella scala accompagnandolo con schiamazzi e grida oscene, le quali irridevano cotesta sua nuova tenerezza paterna. Mastro Alessandro superato dalla forza troncò di un tratto le querele, e tacque.
Poi rientrò tranquillamente nella casa paterna, solo e disarmato, ma profondamente convinto che presto o tardi ma di certo, l’Italia sarebbe unita, libera e indipendente. Erano passati sei anni da quella prima dimora in Brianza, quando nel maggio 1820, il capitano Bonifazio ricomparve per la seconda volta davanti la casa del suo vecchio commilitone.
Dalla Valtellina, attraversando lo Spluga, entrammo nel Cantone dei Grigioni. Agata piangeva, io cercava di consolarla senza impedire le sue lagrime, sfogo necessario del dolore che provava lasciando i genitori e la casa paterna, ove aveva vissuto fino allora felice.
Andò dunque a picchiare a quella casa, poco discosta dalla casa paterna. Nessuno rispondeva. Prese un sasso sulla strada e si mise a picchiare più forte, ma si facevano ancora aspettare. Finalmente udì che si apriva un balcone, al primo piano, vide comparire un lumicino, e la vecchia fantesca, che gli domandò in aria diffidente e sospettosa:
Anche lei ha fatto piangere la sua mamma fuggendo dalla casa paterna con un uomo, e l'ha fatta morire di dolore! Quel che ora, ritrova, dopo sette anni, è il suo gastigo. Riccardo le si getta ai piedi: RICCARDO. Lea!... perdonami! Mi ami ancora?... Mi ami? RICCARDO. Sì. Verresti meco? RICCARDO. Sì. LEA. Ah! era ciò che volevo!... Ora sì che l'andarsene è bello! No, no... Vivi a tuo figlio!
Senza credito, senza mezzi, senza il giornale, non sapendo a qual partito appigliarsi, fece le valigie e andò in Svizzera lasciando a Milano la moglie e il bambino, che eragli nato da poco più di un anno. La dolce creatura, che aveva sopportato così serenamente la miseria nella casa paterna, non ebbe una parola di rimprovero nè un pensiero di biasimo per il marito che l'abbandonava.
Pensate, figliuolo, riprese il giudice col medesimo tuono di paterna mansuetudine; pensate che quando si rendesse palese che voi, suddito del Santo Padre, istigato e traviato per opera dei perversi venuti dal di fuori, v'incamminaste vostro malgrado nella via della perdizione, tutto potreste sperare dalla sovrana clemenza.
Così le condusse in Terra di Lavoro, a Ventaroli, nella casa paterna, le raccomandò ai suoi parenti e ripartì per Napoli. Nè voi troverete Ventaroli sulla carta geografica: Ventaroli è anche meno di un villaggio, è un piccoletto borgo sulla collina, più vicino a Sparanise che a Gaeta.
La sera medesima di quel dì che la famiglia di Vittore era tornata a casa, la Teresa e i figliuoli sedevano mestamente nella stanza paterna, come in luogo sacro. Avevano pregato insieme, e scambiavano alcune meste parole, ma senza piangere: sentivano, dopo la divota comune preghiera, una calma rassegnata, una consolazione che altra cosa al mondo non può dare.
Parola Del Giorno
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