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Aggiornato: 30 aprile 2025
Ier, più oltre cinqu’ ore che quest’ otta, mille dugento con sessanta sei anni compié che qui la via fu rotta. Io mando verso l
E tu, allorché uscirai di collegio, preparati a dichiararti nemico d'ogni novitá; o il mio viso non lo vedrai sereno unquanco. «Unquanco» dico; e questo solo avverbio ti faccia fede che il vocabolario della Crusca io lo rispetto; comeché io, conciossiaché di piccola levatura uomo io mi sia, a otta a otta mal mio grado pe' triboli fuorviato avere, e per tal convenente io lui, avegna Dio che niente ne fosse, in non calere mettere parere disconsentire non ardisca.
Va', ch'io non tel credo. RUFINO. Non è articolo di fede; ma ve ricordo ch'a tal otta lo potrestivo credere, che vi rincresceria. CURZIO. Come che me rincresceria? Parlame chiaro. RUFINO. La chiarezza è questa: che ci è chi la vole per moglie. CURZIO. E chi è questo prosuntuoso? RUFINO. È un pedante poltrone. CURZIO. Io so chi vòi dire, adesso. I' non ne ho paura di costui.
Non fo cosí a questi perfectissimi che sonno gionti alla grande perfeczione, in tucto morti a ogni loro volontá, ma continuamente mi riposo per grazia e per sentimento ne l'anima loro; cioè che ogni otta che vogliono unirsi in me la mente per affecto d'amore, possono, perché 'l desiderio loro è venuto a tanta unione per affecto d'amore che per veruna cosa se ne può separare, ma ogni luogo l'è luogo e ogni tempo l'è tempo d'orazione; perché la loro conversazione è levata da la terra e salita in cèlo, cioè che ogni affecto terreno e amore proprio sensitivo di loro medesimi hanno tolto da sé.
Ier, più oltre cinqu’ ore che quest’ otta, mille dugento con sessanta sei anni compié che qui la via fu rotta. Io mando verso l
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