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Aggiornato: 21 maggio 2025


Soffocata, oppressa, m'afferrò una mano e se la portò al cuore. Senti! Più che i battiti del suo cuore io seguii la mollezza del suo seno a traverso la stoffa; e le mie dita istintivamente si piegarono a stringere la piccola forma che conoscevano. Vidi negli occhi di Giuliana l'iride perdersi nel bianco sotto le palpebre che si abbassavano.

In quest'ultimo breve periodo ella ha bisogno di tutte le forze che le rimangono. È necessario che voi vi allontaniate. Promettetemi d'obedirmi. Entrerete quando vi chiamerò. Ci giunse un grido. Ricominciano i dolori egli disse. Ci siamo. Calma, dunque! E si diresse verso la porta. Io lo seguii. Ambedue ci avvicinammo a Giuliana. Ella m'afferrò il braccio e me lo strinse come in una morsa.

Capirai, abbiamo una laurea adesso... Dottore in utroque!... Ah, mio Dio! Son contento, guarda, son contento! Andiamo a pranzo. Pago io. Voglio pagare io!... S'interruppe. Mi guardò, meravigliato. M'afferrò pel braccio e mi scosse, faccia a faccia. Ma, che hai? Carlo? Che hai?... Guardò intorno, come a interrogare sul mio silenzio le umili e fredde pareti della nostra stanzuccia.

Sulla via carrettiera mi soffermai un momento: la campagna, nel lontano, mi parve più deserta e malinconica del solito; una nebbiola bassa, come un fumo lieve, le stava sopra e la oscurava un poco. Il dottore mi venne incontro nel cortile dell'ospizio. Con la sua effusione abituale m'afferrò la mano e me la strinse. Vi chieggo scusa se v'ho scomodato. Ma non vi vedevo da tanto tempo!

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