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Aggiornato: 28 maggio 2025


Stormiscono gli sterpi sotto i suoi passi pesanti e precipitosi, e lascia dietro di tutta una treccia di erbe abbassate e di cardi spezzati, come una valanga nera e ruggente. I gauchos lo rincorrono, curvi sull'arcione. Agitano in aria il lazo che sibila roteando. Il primo laccio è lanciato; si svolge per l'aria come un serpentello lungo e sottile, e cade sulla testa del bue.

Balzato fuori dalla mandria, abbassa la testa pesante e fugge pazzamente, con la coda sollevata, muggendo, lasciandosi indietro l'uomo. El lazo! El lazo! gridano i gauchos precipitandosi alla caccia. Il bue compie un giro cercando di raggiungere il verde pascolo, e passa vicino a noi, terribile, con la bocca aperta e bavosa, la lingua di traverso, gli occhi sanguigni.

Un altro lazo destramente lanciato gli afferra le zampe. Il bue cade agitandosi, si risolleva terribile, ricade. È legato da quelle sottili corde di cuoio come Gulliver dai fili dei lillipuziani. Il furore cede al terrore.

Entriamo nei corrales, i grandi recinti dentro i quali si chiudono i cavalli selvaggi per gettar loro il lazo. Un bel puledro è stato afferrato col laccio alle gambe e al collo. Sei gauchos saltati di sella tentano di tenerlo fermo, tirando le corde. Il cavallo rantolante per la gola serrata s'impenna, impunta le gambe appaiate dai lacci e trascina a tratti gli uomini con un moto pauroso del collo. Il domatore, un giovane bruno i cui lineamenti tradiscono il sangue indiano, vestito nel tradizionale costume della pampa, la camiciola ricamata e il chirip

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