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Aggiornato: 16 maggio 2025


L'orologiaio, quello stesso appunto col quale Sandrino aveva discorso altre volte, sedeva davanti al tavolo con le sue brave pinzette in mano. Era un tedesco biondo, grassotto, colla faccia rasa; vestiva una zimarra larga, colle maniche rimboccate.

L'orologiaio intanto, aveva borbottato di nuovo colla moglie, la quale, aperto un cassettino, buttò sul tavola due biglietti sudici da dieci lire. Sandro li afferrò con orgasmo; poi, senza cavarsi il cappello, infilò diritto la porta; ma sentì richiamarsi. Quel giovane!... e la firma?

All'orologiaio di Piazza Castello, o all'usciere Ippolito, o a zio Bortolo macellaio? L'orologiaio apriva il negozio di Ponte Vetero alle ore otto in punto, l'usciere andava in tribunale non mai prima delle nove, e fino a quell'ora il negoziante di buoi arricchito dal macello non si moverebbe dal suo letto. Erano le cinque in punto; e recarsi a casa dei suoi cugini a quell'ora mattutina a chiedere un prestito di mille lire, non parve a Giusto molto prudente; se ne andò allo studio a riflettere meglio. Con la tavolozza in pugno, buttando qua e l

Venanzio non ebbe nemmeno il tempo di riflettere, come sembrava volesse fare, perchè un brutto ceffo si affacciò alla bottega senza dir parola. Vengo, disse l'orologiaio, e l'uomo sparve.

E proprio allora quell'inglesina del malanno incominciava ad aver mestieri ogni tanto di saper l'ora giusta. Per qualche giorno la tenne a bada con certe sue invenzioni; un po' era uscito senza orologio; un altro po' lo aveva dato ad aggiustare, e l'orologiaio, secondo il solito, non si faceva premura di renderlo, infine, menava il can per l'aia, o fingeva di non avere udito.

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