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Aggiornato: 3 giugno 2025
Stavano dunque radunati nel salotto attiguo alla sala da pranzo il notaio, le due donne e il marchese, che era venuto come il solito, verso le otto a far la sua visita per trovarsi fra gli amici di casa e per vedere l'Enrico. Il babbo schiacciava un sonnellino. Il marchese parlava colle due donne di cose indifferenti. Elisa era distratta.
Non lasciò che l'Enrico terminasse la frase; corse per quanto glielo permettevano i settantanni nella sua camera, e portò al contino le dodicimila lire in tre bei libretti puliti e fiammanti ch'era un piacere a vederli. Ma no, non voglio, non voglio diceva Enrico colle lagrime agli occhi. La balia alzò la destra, e con una specie di entusiasmo, sclamò: Ma non è forse roba sua codesta?
Allora discorriamo un poco del tuo avvenire soggiunse egli col suo miglior sorriso. Il ribollimento del suo dolore, fece scoppiar l'Enrico in nuovo pianto. Via Enrico disse il tutore tra l'ammirazione e il compatimento non rammaricarti poi troppo colle tristi memorie.
La Elisa, una fanciulla di poco più che quindici anni, una rosa thea appena sbucciata, una bellezzina molto distinta, con occhioni e denti da sbalordire, rispose con una piccola smorfia, un umh! che voleva come dire "per l'Enrico ci sarebbe voluto ben di più!"
Sciaguratamente l'Enrico diceva di amarla, ma non l'apprezzava. Egli era freddo, preoccupato, distratto, sviato. Egli era altrove co' suoi pensieri, co' suoi desideri, coll'anima, e pur troppo spesso anche col corpo. Elisa capiva tutto questo, e ne soffriva, pur dissimulando con dignit
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