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Aggiornato: 26 giugno 2025


Il momento della decisione parve molto felicemente scelto per la Russia. Lo czar per lo spazio di una generazione aveva portato con successo la maschera del grand'uomo, e di contro alle malferme corti occidentali si ergeva imponente, con quella irremovibile sicurezza che in un Gustavo Adolfo o in un Federico è un privilegio del genio, e in lui era nulla più che un segno di terra terra di pensiero, e di limitatezza. Non vi era principe in Europa, che non gli si fosse umiliato. Le corti tedesche e italiane adulavano il nemico della Rivoluzione, l'Austria gli pareva per sempre obbligata per l'assoggettamento dell'Ungheria. Le due potenze occidentali si erano alienate per via dei discorsi senza freno degli chauvinistes e della contesa pei profughi. Nel parlamento inglese risonò così alta e minacciosa la parola dell'odio alla Francia, che nel marzo del 1853 millecinquecento londinesi stimarono necessario firmare una protesta di devozione all'imperatore. La gara commerciale e industriale in Occidente teneva siffattamente gli spiriti, che a stento pareva ancora possibile una guerra popolare. La nazione francese andò alla guerra in Oriente con la stessa malavoglia che un tempo gl'inglesi nelle lotte napoleoniche: solo durante i fatti d'arme l'ambizione militare riprese il sopravvento sull'amor di pace di un'et

Certo, la soluzione della questione di Oriente annunziata dalle penne del bonapartismo fu tutt'altro che raggiunta con la pace di Parigi. Cacciata dalle foci del Danubio, la Russia frattanto compì l'assoggettamento del Caucaso e l'abbracciata del Mar Nero: enormi conquiste nell'Asia interna prepararono nuove catastrofi al Bosforo, e appena quindici anni dopo la pace di Parigi la Russia si dichiarò formalmente sciolta dal patto innaturale, che aveva convenuto la neutralit

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