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Lo ritrovai in una cappella della chiesa che ha le collezioni di arte ecclesiastica. Era seduto davanti al quadro di Kaulbach, dove il giovane Ottone III, dopo un banchetto in Aquisgrana, irrompe con i suoi compagni d'orgia, per un capriccio di ebbro, nella tomba del grande imperatore Carlo, e ne scopre al chiaror delle fiaccole il cadavere in trono, maestoso e terribile. Lo sconosciuto sfogava la sua ammirazione da solo, ripetendo «bello! bellissimoSi alzava dal suo sgabello, correva a fiutare, quasi, col suo lungo naso aguzzo, le figure, e tornava frettoloso a sedere. Mi vide e mi disse, tutto ancora scintillante in viso, ma di piacere: Questa è una consolazione. La mia memoria ebbe un lampo; era la voce dell'uomo che aveva conversato con Violet la sera prima, davanti al caffè Sonne. Mi affrettai a parlare, a consentire con lui, ma solo in parte, per pungerlo e trattenerlo. Ammirai la composizione del quadro e feci qualche appunto al colore, torbido e languido. Non so come glielo dicessi, perchè parlo un tedesco assai stentato e scorretto. Credetti che mi volesse mangiare. Wie! Wie! Wie! Es ist ja eine Gruft! Est ist ja eine Leiche! Come? Come? Siamo in una fossa! Vi è un cadavere! Mantenni la mia opinione. Le ombre del quadro sono scure, ma non hanno profondit

Quei patrizi rimminchioniti non eran leoni e subodorando una scena si tirarono in disparte. Il marchese Ernesto però, antico capitano degli usseri, non poteva battere in ritirata, e levatosi da sedere quanto più presto glielo permise la sua corpulenza, s'appoggiò coi pugni alla tavola, e disse: Was wünscht der Herr Offizier? Ja... Che desidera?

È giusto... Assettateve... Grazie. Mine n'aggia í... E ghiate, ja'... , mme ne vaco... Ma... v'aggia d

«Ja, yesMa «O sole mio....» dall’altra riva chiama il canto che forse non ha bocca, ch’è di fantasma; e l’anima mi tocca con la carezza d’una mano viva. Batto i denti, alla pioggia. E più il mantello su me ravvolgo, e più mi sento ignuda: mi sferza il dorso la ferocia cruda del croscïante gelido flagello.