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Aggiornato: 15 maggio 2025


FR. Di qui puoi conoscere ancora le reliquie dell'antica superstizione, se ti ricorderai: Su i notturni canton delle cittadi Ecate aver gridato. La notte era dedicata a simil preghi, e finivansi come finiva il giorno. Onde è quel verso: Cacciommi coi cavai l'iniquo giorno. AP. Vi è forse sotto qualche senso più nascosto. FR. Che? AP. Quello di che fece menzione Menandro.

Quanto è diverso il primo quarto di questo pianeta dall'ultimo! Il primo rassomiglia una speranza, l'ultimo uno addio: gli uomini che videro di frequente il primo, bene pensarono a convertirlo in ornato della Diva dei boschi; quelli poi che più spesso contemplarono l'ultimo, ne fecero con migliore accorgimento lo attributo di Ecate, la Dea dello inferno. Chiunque ha contemplato la luna nelle varie sue fasi, per molte notti, ad ore diverse, comprende come possa essere stata salutata a ragione Dea degli amanti, e dei ladri. Le tenebre, non che ne fossero rischiarate, sembravano più triste; e il vento trasportando le nuvolette spesse, e più o meno dense, venivano ad alternarsi ora buio intero, ora mezza oscurit

FR. Molto più si potrebbe contraddire a quelli che narrano il viaggio degl'Indi, che a quelli che spongono il giuoco della notturna Ecate. Imperocchè quello non fu conosciuto dagli antichi in modo alcuno; solamente si trovorno certi segni, per li quali dicono che gi

Li arcani del futuro le Comete dicono ed ammonisce Ecate vaga; di sette stole induti, le secrete virtù del cielo l'astrolabio indaga; ma cerchiam sempre e ancor brucia la sete dell'Or che l'alambicco non appaga. E sempre e ancora pei cammini oscuri del Mistero va e perdesi l'Idea: e sempre e ancora claman li scongiuri verso di te, Regina e Madre e Dea.

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