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Aggiornato: 21 giugno 2025


Da quasi dieci anni Alfonso Daudet sopravviveva a se stesso. I suoi intimi affermavano che la spinite da cui era reso mezzo inerte il suo corpo non aveva menomamente intaccato le facolt

Il Daudet rimase al broncio. Immaginando, forse, che l'Accademia non avrebbe voluto saperne di lui, scrisse l'Immortel. La satira passò il segno; la freccia rimase spuntata.

Fra il gran tumulto della vita parigina, Alfonso Daudet ha continuamente la nostalgia del suo mezzogiorno. La nebbia che l

E rispose: «Secondo me, vuol dire che questo libro è la forma transitoria dell'evoluzione artistica del Daudet. Qui comincia a mancare l'accento personale, la commozione intensa dello scrittore, e i personaggi, se non si disegnano netti e spiccati, tentano di vivere da per loro. Guardando all'ingegno di Daudet, non è ardito presagire che nel suo prossimo romanzo potremo salutare la sua evoluzione artistica gi

Coloro che hanno avuto la fortuna di gustare la conversazione famigliare di Alfonso Daudet dicono che par di riudirne la voce durante la lettura dei suoi libri. Quello stile spezzato, di scorcio scintillante di immagini, riboccante di esclamazioni, di apostrofi, di tutte le figure che la rettorica ha enumerate e che l

Anche questa volta la nostalgia della Provenza ha invaso il cervello del Daudet; ma questa volta risulta Tartarin proprio lui che racconta.

Alfonso Daudet ha avuto tutte le fortune, non ultima quella di non accorgersi di morire.

Chi scrisse queste parole ebbe un senso di gran soddisfazione quando Sapho venne fuori a confermare mirabilmente il presagio. Sapho fu una sorpresa per molti lettori del Daudet. Dietro quelle creature, appassionate, tormentate, buone, cattive, stravaganti, perverse, che annodano un dramma di spaventevole semplicit

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