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Aggiornato: 21 maggio 2025
Di carte filosofiche Non consumò nè raddoppiò volumi: Nè dal suo labbro balbettante uscirono Dell'eloquenza i fiumi D'oziosi grandi alto sollazzo e noia: Predicò, benedisse, al capo languido De' morenti arrecò l'ultima gioia, Pregando a sè l'eguale in l'ultim'ora: Cultor d'umili cose Come chi per amor veglia e lavora Nel picciol orto egli incurvò le pallide Mani tra i rovi e suscitò le rose.
Invida morte, a lei rapisti ancora e al mondo insieme un'altra chiara luce d'un gran pastor, che nato in queste piagge fu cultor nel giardin de' pomi d'oro. Poi trapassando a le ricche pasture e a gli orti di Celio e d'Aventino, si trovò non pur d'edere e di mirti, ma di purpurei fior cinte le tempie. Fior di gloria mortal com'è caduco! Ne sospirano ancor i sette colli del caso acerbo; e VIRBIO nei sospiri suona d'intorno. VIRBIO almo pastore e poeta e materia de' poeti; viver
Tal su l'altro di nembi ira sfrenossi, Che le pigre ombre e 'l gelo Fuggendo e da pugnace indole mossi I suoi fieri cultor sott'altro cielo Ruppero, e fûro al corso Tigri, e demòni al fulminar del telo. Serrate, o stolti, a l'ire orrende il morso; E più dei truci acciari Abbia su'l vostro cor punta il rimorso!
Parola Del Giorno
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