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Aggiornato: 25 giugno 2025


La del poverello io con dolcezza Invidiando, era commosso al pianto, E vergognava della ria stoltezza Che sovente di senno usurpa il manto; E allor tutta splendeami la bellezza Del culto ch'elevar può l'uom cotanto; E Carlo io pur pregava, e in me largita Tosto sentìa di maggior fede aita.

Oggi tra noi, popolo guasto pur troppo di materialismo, di scienza machiavellica e di culto tributato alle apparenze della forza, è necessario che il fatto iniziatore sorga di mezzo alle moltitudini d'una importante citt

«I generali nostri assuefatti ad una vita imbelle ed inoperosa, non si son mostrati all'altezza dei tempi e delle circostanze, e temo molto che nell'anima di alquanti di loro si nasconda il tradimento, e quindi il culto al Sole che leva».

Del culto poi delle arti belle (esse pure sicuro argomento di civilt

Il capitano era un padre di famiglia che esercitava il suo tristo mestiere per dar del pane ai figliuoli, bravo uomo, compito, avendo un fratello capo di ripartimento al ministero del Culto, disgustato delle sue funzioni, agendo male, pensando bene. Il capitano Taffa si mostrò pieno di attenzioni per le due signore e cordialissimo verso il prete.

Il popolo applaudì, le cortigiane si svestirono, le trombe sonarono e la baldoria ebbe luogo. Venere aveva a Roma numerosi tempii, e se le cerimonie del culto della dea non offendevano il pubblico pudore, le feste date in suo onore autorizzavano ed esercitavano il vizio nelle case private, soprattutto presso le giovani dissolute e le cortigiane.

Il culto di Venere si sparse da Cipro nella Fenicia, a Cartagine e su tutta la costa africana. La Bibbia dice che i tempii di Cartagine come quelli di Sidona e di Ascalona erano circondati da tende, sotto le quali le Cartaginesi si consacravano a Venere fenicia.

Il gesuita, che forse, obbedendo allo spirito malvagio della setta a cui apparteneva, e che sembrava avere per meta di snaturare la natura umana, pervertirla, prostituirla, ingolfarla in ogni specie di culto del male e d'inimicizia del bene, il gesuita, dico, aveva cercato la sola soddisfazione della lussuria nella bellezza.

Il numero ristretto degli abitanti rende superflui Governo e Polizia. L'assenza dei preti è la maggior benedizione dell'isola. Dio vi si adora come si deve, col culto dell'anima, senza sfarzo, nel grandioso tempio della natura che ha il cielo per volta e gli astri per luminari. Il capo della famiglia, che primeggia in quell'isola, è un uomo come gli altri, colle sue fortune e i suoi malanni.

Guai a chi avesse tolto un capello alla dea del suo culto! Il ferro del figlio d'Aspromonte avrebbe solcato il petto dell'insolente come una lama di fuoco.

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