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Aggiornato: 7 giugno 2025
Sul cammino c'era un po' di tutto: tegami, scodelle, bocce, minuzzoli di pane, la scatola della cera da scarpe e perfino un tovagliuolo tutto infrittellato d'unto e di caffè; il tavolino, le seggiole erano coperti di filiggine; e nella mezzina mandavano gli ultimi tratti due mosche.
Se nobili e civili si divertivano sotto lo Spasimo al pallone, adulti e giovani non lasciavano passare giorno senza giocare alle bocce.
Domanda, e sa che son trattati, e quella congiura che sì mal par che si cuopra. Vide serpi con faccia di donzella, di monetieri e di ladroni l'opra: poi vide bocce rotte di più sorti, ch'era il servir de le misere corti.
Il vasellame di stagno forbitissimo, le bocce, le guastade, facevano un bel vedere sulla tavola foggiata a ferro di cavallo, e coverta di tovaglie tessute ad opera, candide che avrebbero rimessa la voglia in un ammalato agli sgoccioli.
Il vecchio è morto e seppellito: il sistro (azzarinu) si batte con un ferro; ma la Flora non riecheggia più di cembali, nè di canti, nè di balli, nè di grida di venditori. Il chiasso di chi mangiava e bevea all’Astracheddi⁵¹⁷ è appena un ricordo del Meli. Fino i giocatori alle bocce, incomodi e pericolosi ai passanti, sono per sempre scomparsi. Nel 1822 un forestiere trovava gi
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