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Aggiornato: 29 maggio 2025
In questo libro, Speranze e Glorie, edito prima dal Giannotta di Catania, il De Amicis riunì i suoi più importanti discorsi d'argomento commemorativo e sociale. Un altro simile volume, Lotte civili, raccoglie i suoi scritti polemici per il socialismo e per la pace dei popoli.
Scrittore ed artista, Edmondo De Amicis può essere diversamente apprezzato. Gli eccessivi lo stimano poco come scrittore, pochissimo come artista. I suoi Bozzetti militari, le sue novelle, i suoi ultimi romanzi scolastici osservano gli eccessivi sono opere d'arte fiacche o abortite; le sue descrizioni di viaggi, fantasmagorie che corrispondono poco o niente alla realt
Edmondo De Amicis fu eccellente oratore. Quale concetto avesse della pubblica eloquenza, come sentisse quella «enorme fatica di tutte le potenze vitali», spiegò egli medesimo nelle Confessioni d'un conferenziere, che servono d'introduzione al libro intitolato Capo d'anno, pagine parlate. Quale fascino di persuasione e d'entusiasmo egli esercitasse sugli uditori, attestano tutti quelli che ebbero occasione di ascoltarlo. Dal ricco e vario vibrar della voce, dal gesto semplice, dal balenare dell'anima nella chiara onesta faccia, da tutta l'espressione della sua figura emanava la medesima virtù di simpatia, per cui ebbero e serbano tanta nobile popolarit
Poco si conserva, e quel poco monco e disperso, dei discorsi fatti dal De Amicis in private adunanze e in comizi del partito socialista, massime in occasione di elezioni politiche: salvo i due grandi discorsi Per il 1.º maggio e Per la questione sociale, compresi in questo volume, e alcune minori cose contenute nell'altro libro che s'intitola Lotte civili.
Nessuno può oggi decidere se il De Amicis abbia ragione, e se il suo convincimento sia una lusinga. Quando il libro promesso trattato di volgarizzazione o opera d'arte verr
Le tre Capitali. Il De Amicis intitolò Le tre capitali, raccogliendoli tardi, questi suoi tre scritti giovanili, due dei quali, con titolo un po' diverso, appartenevano gi
L'ultima volta che il De Amicis parlò in pubblico fu il 20 marzo 1898, per pronunziare la commemorazione, pur essa qui stampata, di Felice Cavallotti, al teatro Nazionale di Torino; teatro popolare, riboccante quel giorno, ricordo bene, del popolo più misto che si potesse vedere, e che l'oratore sollevò tutto nel consenso e nell'ammirazione irresistibilmente.
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