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Se vogliamo saperne qualche cosa, chiediamone al Villabianca il quale fu presente e descrisse la scena. «L’assoluzione, egli racconta, fu data da uno dei canonici della Metropolitana, Orazio la Torre dei Principi la Torre.

Quelli che davan da fare erano invece i Domenicani ed i Filippini, i quali al predicatore ufficiale della metropolitana contrapponevano i migliori loro soggetti; e se non li avevano del proprio ordine, li facevan venire da altri del clero regolare e secolare pur di averli e di gareggiare.

Il quaresimale del Duomo non era il solo ciclo di prediche di cui si occupasse il Senato. Ad altri cicli consimili e a non pochi panegirici doveva annualmente questo pensare tanto per la metropolitana quanto per le parrocchie, sulle quali, come è risaputo, avea ed ha diritto di patronato. Per le tre Rogazioni precedenti l’Ascensione invitava soggetti di valore indiscutibile. Le Rogazioni erano le processioni alle quali nessuna corporazione monastica doveva mancare; sicchè le prediche che le coronavano, dovendosi pronunziare innanzi ai monaci ed ai frati della citt

Alle 6 pomeridiane il cannone tuonava di nuovo dal forte di San Giovanni, annunziando la partenza degli Augusti Sovrani dalla Reggia per la Metropolitana. Alla porta della Metropolitana la Real Coppia fu ricevuta dal Clero e dalla Nobilt

Per otto sere e notti consecutive i devoti, uomini e donne, in peduli od anche, secondo il voto fatto, a piedi ignudi, dalla chiesa della Madonna si recavano alla metropolitana recitando di continuo orazioni e rosari. Questa pratica chiamavasi viaggio: e, quantunque compiuta dai singoli fedeli col maggior raccoglimento, pure riusciva delle più gradite per tutti.

Gino Malatesti si calmò a grado a grado, seguendo il vecchio prete nell'antico duomo di mastro Lanfranco e della contessa Matilde. Le tre vaste navate, partite da colonne e pilastri alternati, che ricordano nella robusta fattura gli ultimi anni dell'undicesimo secolo, erano deserte in quell'ora, e una luce fioca penetrava dall'alta galleria di colonnini sostenente la volta ogivale del tempio. Don Pietro andò alla sagrestia, per rivestire gli abiti sacri. Era nella chiesa metropolitana della sua diocesi, e poteva confessare col

Persuaso, che l'arte, per la quale si credeva nato ed alla quale tutti il giudicavano negato, fosse quanto v'ha di più grande al mondo, degna di ogni corona e d'ogni esaltazione, voleva rinnovare il miracolo di Borgo Allegro. Pretendeva, che la Rosmunda gli stesse a mossa per una Madonna grande al vero, ch'egli avrebbe poi regalata alla Metropolitana di Scaricabarilopoli.