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e disiar vedeste sanza frutto tai che sarebbe lor disio quetato, ch'etternalmente e` dato lor per lutto: io dico d'Aristotile e di Plato e di molt'altri>>; e qui chino` la fronte, e piu` non disse, e rimase turbato. Noi divenimmo intanto a pie` del monte; quivi trovammo la roccia si` erta, che 'ndarno vi sarien le gambe pronte.
Tacendo divenimmo la` 've spiccia fuor de la selva un picciol fiumicello, lo cui rossore ancor mi raccapriccia. Quale del Bulicame esce ruscello che parton poi tra lor le peccatrici, tal per la rena giu` sen giva quello. Lo fondo suo e ambo le pendici fatt'era 'n pietra, e margini dallato; per ch'io m'accorsi che 'l passo era lici.
e disïar vedeste sanza frutto tai che sarebbe lor disio quetato, ch’etternalmente è dato lor per lutto: io dico d’Aristotile e di Plato e di molt’ altri»; e qui chinò la fronte, e più non disse, e rimase turbato. Noi divenimmo intanto a piè del monte; quivi trovammo la roccia sì erta, che ’ndarno vi sarien le gambe pronte.
Così parlando il percosse un demonio de la sua scurïada, e disse: «Via, ruffian! qui non son femmine da conio». I’ mi raggiunsi con la scorta mia; poscia con pochi passi divenimmo l
Tacendo divenimmo la` 've spiccia fuor de la selva un picciol fiumicello, lo cui rossore ancor mi raccapriccia. Quale del Bulicame esce ruscello che parton poi tra lor le peccatrici, tal per la rena giu` sen giva quello. Lo fondo suo e ambo le pendici fatt'era 'n pietra, e margini dallato; per ch'io m'accorsi che 'l passo era lici.
Noi divenimmo intanto a piè del monte; quivi trovammo la roccia sì erta, che ’ndarno vi sarien le gambe pronte. Tra Lerice e Turbìa la più diserta, la più rotta ruina è una scala, verso di quella, agevole e aperta. «Or chi sa da qual man la costa cala», disse ’l maestro mio fermando ’l passo, «sì che possa salir chi va sanz’ ala?».
Cosi` parlando il percosse un demonio de la sua scuriada, e disse: <<Via, ruffian! qui non son femmine da conio>>. I' mi raggiunsi con la scorta mia; poscia con pochi passi divenimmo la` 'v'uno scoglio de la ripa uscia. Assai leggeramente quel salimmo; e volti a destra su per la sua scheggia, da quelle cerchie etterne ci partimmo.
Dio in disdegno, e poco par che ’l pregi; ma, com’ io dissi lui, li suoi dispetti sono al suo petto assai debiti fregi. Or mi vien dietro, e guarda che non metti, ancor, li piedi ne la rena arsiccia; ma sempre al bosco tien li piedi stretti». Tacendo divenimmo l
Dio in disdegno, e poco par che ’l pregi; ma, com’ io dissi lui, li suoi dispetti sono al suo petto assai debiti fregi. Or mi vien dietro, e guarda che non metti, ancor, li piedi ne la rena arsiccia; ma sempre al bosco tien li piedi stretti». Tacendo divenimmo l
40 Divenimmo ambi di color di morte, muti ambi, ambi resti
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