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II. Il coniuge che ebbe un commercio carnale, naturale e completo, con persona consaguinea all'altro coniuge in primo o in secondo grado, non ha più il diritto di chiedere il debito coniugale, e pecca mortalmente se lo esigesse, perchè egli avrebbe in questo caso stabilita col suo coniuge una parentela d'affinit

III. Quegli che, durante il matrimonio, battezza o tiene al fonte battesimale la propria prole o la prole del suo coniuge, contrae l'impedimento della parentela spirituale. Così statuisce un Decreto, caus. 30, 9, 1. can. ai conf. e le Decretali, l, 4. tit. 11 c. 2.

Noi abbiamo provato nel Trattato del Matrimonio L. 4 p. 119 terza edizione contrariamente a molti eretici, che il matrimonio considerato in stesso è buono e onesto: ne risulta quindi che l'atto carnale nel matrimonio non ha, per stesso, nulla di cattivo, e può essere anzi meritorio, se è esercitato per una ragione soprannaturale, per esempio, colla intenzione di mantenere al proprio coniuge quella fede che fu promessa chiamando in testimonio Dio, oppure se avviene per scopo religioso, per ottenere cioé dei figli destinati a servir fedelmente Iddio, ovvero affine di rappresentare l'unione di Cristo colla Chiesa.

Dietro, due vecchie; capelli grigi, treccia finta tutta nera, figure arcigne, labbra calcolatrici, catena di oro al collo, spillo col ritratto del coniuge una bambina.

Quegli che ignora la prole ch'egli battezza o tiene al fonte battesimale sia sua o del suo coniuge, non perde il diritto di chiedere il debito coniugale, perchè non è reo di alcuna colpa: se poi, sapendo che la prole è sua o del suo coniuge, ignora però la proibizione della Chiesa, è pure probabile che non incorra perciò in alcuna pena.

Dicasi lo stesso circa quella mollezza lussuriosa che in certo qual modo offende la fede promessa, come, per esempio, l'abusare del proprio corpo, sul quale l'altro coniuge ha dei diritti, acquistati allo scopo di compiere gli atti venerei. Detto questo, dividiamo il presente Capo in tre articoli: 1. Dell'atto coniugale considerato in stesso; Della richiesta del debito coniugale;

Un coniuge non è tenuto a rendere il debito all'altro coniuge il quale per causa d'adulterio perdette il diritto di chiederlo, imperocchè non si è più obbligato ad essere fedele a chi ha rotto la fede: ma se è egli stesso invece il reo d'adulterio, non può ricusare il debito coniugale richiestogli, imperocchè in questo caso le offese si compenserebbero.

R. 3. Il conjuge che si diletta, in assensa dell'altro coniuge, figurandosi l'atto matrimoniale come effettivo, probabilmente pecca mortalmente, in ispecial modo se i suoi spiriti genitali si commovono grandemente, non gi

Questo impedimento, sopravveniente al matrimonio, essendo stato istituito come una pena, non obbliga la parte innocente, la quale può quindi chiedere il debito, e l'altro coniuge è tenuto a ricambiarlo. Se poi l'incesto avesse avuto luogo anche col consenso del coniuge, questi come molti teologi pensano non avrebbe più il diritto di chiedere il debito coniugale.

1. Quando l'atto coniugale è un peccato veniale da parte del coniuge che l'ha domandato, per esempio, perchè lo domandò per sua volutt