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Battistone, a cui certe cose facevano l'effetto di una piuma sul cuore, abbassò il muso e s'ingrugnò in un umile silenzio. Venne il caffè che ciascuno prese come gli piacque, col rhum e senza rhum, in piedi, seduto, accanto al fuoco.

Senza Carlinetto che sapeva, dirò così, cucire le ciarle degli altri, far la rima e il calembour sulle parole, don Procolo, Battistone, il Cavaliere, il Chiodini erano come tanti organetti senza il manubrio.

Ah, ah, oh, oh, eh, eh... Don Procolo si asciugò gli occhi bagnati col suo fazzolettone turchino, esclamando: Ah vecchi giovinastri! Quando il Cavaliere potè riprendere il fiato, continuò: Ciò che oggi mi tiene in pensiero è che il telegramma dello zio Catarro l'ho mandato fin da mezzodì e io aspettavo Battistone non più tardi delle tre.

Il prete stava per dare a Battistone un buon consiglio, ma gli venne in mente la massima evangelica: Chi di voi è senza peccato scagli la prima pietra... E poi in queste faccende ne sa più un matto in casa sua, che un prete sul pulpito. Son le circostanze che fanno l'uomo peccatore. Intesero una grande scampanellata. Carlinetto corse a vedere di chi fosse la manina leggiera.

Battistone si alzò improvvisamente, pallido come un morto e sconcertato come un ragazzo colto dal padrone sulla pianta dei fichi. Aveva riconosciuta la voce della Ludovina, la sua donna di servizio e la sua persecuzione, che non contenta d'aver accompagnato il padrone fino alla stazione, messa in sospetto, era venuta a cercarlo in casa di queste donne. Non voglio portarlo via.

Se lo prese in braccio e mentre don Procolo misurava al bimbo la grossezza dei polpacci dentro il cerchio delle dita, il cavaliere agitava il pulcinella dietro le spalle di Battistone.

Tra i soliti, oltre a don Procolo, viene tutte le sante sere d'inverno il signor Tazza, detto Battistone, maggiore in pensione, un avanzo di Crimea, grande grosso come una torre, celibe anche lui, gi

Poco dopo entrò Battistone alquanto scalmanato, colle orecchie rosse, con un ombrello sotto il braccio, una valigia in mano. E fu accolto da un vivo applauso. Hai fatto buon viaggio? si temeva che tu avessi perduta la corsa. Si temeva anzi di un deragliamento, o di uno scontro ferroviario.

Battistone e il Cavaliere presentarono insieme il braccio all'Erminia, che li prese tutte e due. Le scarpe del Cavaliere stridevano come nelle grandi occasioni, e Battistone, sentendo quel braccio leggero e delicato sul suo e quel profumo delicato dei capelli, non potè sottrarsi a un confronto ripugnante, Gli pareva d'aver sul braccio un panierino di fiori.

Insomma Carlinetto sarebbe stato dimenticato per sempre, se la sera del diciotto dicembre, tre anni dopo il matrimonio di quell'asinaccio, Battistone non avesse domandato, spiegando un foglio sul tavolino: Indovinate chi mi scrive. Nessuno era indovino. È Carlinetto che scrive. Ahi! Campane a stormo! Tutti pensarono che il povero ragazzo venisse a invocare la misericordia dei vecchi amici.