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Aggiornato: 1 maggio 2025


Intanto Radetzki passa nel Veneto, si unisce a Welden e con tutte le sue forze, 44.000 uomini, dieci giorni dopo assalta Vicenza che gli resiste per diciotto ore. L'occasione era suprema. Si sarebbe potuto decidere le sorti d'Italia valicando l'Adige sgombero, e piombando alle spalle del nemico con quindici o ventimila uomini. Nulla, nulla di tutto ciò.

M'ingannerò, ma per me queste ritirate, questi voltafaccia non sono che finte, tranelli per adescare il nemico. Perchè, signori, se l'Italia non dovesse pensare che a direi anch'io: S'è sbagliata strada. Bisognava gettarsi subito sui pochi Austriaci ch'erano rimasti nel Lombardo-Veneto e impedire che ne venissero giù dei nuovi dall'Alpi e dall'Isonzo. Ma l'Italia, signori, ha degli obblighi, dei grandi obblighi. Si tratta di distruggere l'Austria, si tratta. Ora mettiamo che i Piemontesi, i Papalini, i Napoletani, fossero tutti marciati subito verso la frontiera, è evidente che quelli di Vienna non avrebbero avuto coraggio di spedir altre truppe in Italia. Noi avremmo fatto prigioniero Radetzky e i suoi reggimenti, ma il grosso dell'esercito sarebbe rimasto sano e salvo a casa propria. Invece, lasciando sguarniti i confini, vengono ad uno ad uno a cader nell'agguato, Nugent, Welden, d'Aspre e tanti nomacci simili che il diavolo se li porti. E un bel giorno, quando tutte le forze austriache si son calate quaggiù, i Piemontesi da una parte, i Romagnoli e i volontari dall'altra, te li prendono in mezzo e fanno una frittata. Non ce ne deve tornare di l

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