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Aggiornato: 30 aprile 2025
Doveva prendere per sè il calice che Vincenzo aveva voluto allontanare, la croce sotto la quale era caduto: una vita senza amore. Doveva farsi prete. Il benefizio, per volere del testatore, in caso che il ramo primogenito dei Dogliani non avesse un figlio prete, doveva passare ad un figlio del ramo secondogenito, che volesse abbracciare la carriera ecclesiastica.
Mentre andava empiendo di sgorbi le sue carte bollate, il notaio Cipolla pensava, pensava anche l'oste, e il cameriere pure; e i loro pensieri, avviati sulla medesima strada, erano di meraviglia mista a un lontano sospetto di corbellatura. Ma il testatore era rimasto serio, sapendo bene che se gli fosse scappato da ridere tutto l'intento suo sarebbe fallito. E qual era il suo intento?
Il testamento si chiudeva colle solite formule notarili, la data, le firme del testatore e dei quattro testimoni, e quella del notaio col bollo del tabellionato, tutto in perfetta regola, secondo le prescrizioni del codice civile.
In parte i fatti da lui esposti sono veri; ma è stato tratto in errore sui rimedî adoperati dal governo per riparare ai mali. «Ci volle un vero colpo di mano per portar via dalle casse del Comune,» egli dice, «sei anni addietro, i valori che rimanevano, per cominciare finalmente ad impiegarli al fine voluto dal testatore.» Il fatto è questo: il Prefetto di Caltanissetta, Polidori, nel 1869 fece il colpo di mano, ma fu una vera spogliazione a danno del Comune di Santa Caterina Villarmosa ch'è il comune dove fu fondato il luogo pio che indarno sinora ha reclamato.
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