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Aggiornato: 16 giugno 2025


studiavo. Le finestre davano su la corte. Un vecchissimo cavallo di mio padre vi camminava tutta la mattinata. James lo teneva per la briglia. Si chiamava Ramir. Aveva, credo, vent’anni. Era stato il preferito hunter di mio padre, e gloriosamente aveva galoppato per tutta la contea. Negli ultimi anni lo attaccava qualche volta il fattore al suo barroccio, per farsi condurre ai mercati vicini; ma ora il barroccio stava nella rimessa con le stanghe all’aria, carico di ragnateli. Piuttosto che vendere Ramir, mio padre si sarebbe fatto amputare un braccio. Benchè non l’adoperasse mai, James doveva tutte le settimane lucidare la vecchia sella. Così, a furia di strofinarla, si era spelacchiata. E Ramir, ben satollo di fieno maggengo e di avena soffice, calpestava i ciottoli della corte, cacciandosi via le mosche. Io gli portavo zucchero e pane; Ramir, col suo muso bianco, mi sporcava di schiuma le camicette. Quando giungeva il diacono Ralph per impartirmi la sua lezione, sempre udivo il vecchio James dirgli:

Io stimo esser nato con questa malattia non solo nelle budella ma nelle midolle dell'ossa, tutti i sciroppi, medicine e servigiali del mondo non la possono cavar fuori.... BALIA. Mastica Mastica! MASTICA.... Io sento che lupi, che cani piú di cento leoni nello stomaco; io non vorrei far mai altro che mangiare, non mi veggio satollo mai, anzi quanto piú mangio piú cresce la rabbia.

Pur troppo! disse il Maso tra . E mandò dalla tavola del nemico un pensiero alla patria. Nel quale si dimostra l'ingratitudine d'un ventre satollo.

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