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«La nave giunse finalmente nelle acque di Soria, in vista di Tripoli. Trascinatosi a stento sul cassero di poppa, Goffredo Rudel salutò le bianche torri della sospirata citt
Un suo dilettissimo, anch'egli buon trovatore, Bertrando di Alamannone, fu pronto, come suol dirsi, a tenergli bordone, e ambedue fecero il disegno d'imbarcarsi a quella volta. Doleva di quella partenza al Plantageneto, che usò d'ogni suo potere per distogliere il suo protetto da quel faticoso viaggio. Ma nulla valse; e finalmente, ottenuta licenza dal conte, il Rudel monta in nave coll'amico.
E mentre tutta la nobile brigata si raccoglieva ad udirlo, Aloise, non senza arrossire un tantino, così incominciò la la narrazione: «Goffredo Rudel, signore di Blaia, è uno dei primi trovatori di cui facciano menzione le cronache di Linguadoca.
Volete leggerla? Tanto, per udire la continuazione dei lieti ragionari e la vita del trovatore Rudel, che qualcheduno si far
«E i versi tutti che Goffredo Rudel aveva composti in lode di lei, fece trascrivere in lettere d'oro e serbò gelosamente con sè. Ma, da quel giorno, mai più la contessa di Tripoli fu veduta con faccia lieta. Visse ancora, ma soltanto per ricordare quel giorno, quell'ora, in cui avea conosciuto, e perduto ad un tempo, il signore di Blaia.
Da giovine, amò, o credette di amare, una Guglielmetta di Benagues, viscontessa guascona, la quale doveva essere una gran lusinghiera, e amica del numero tre, poichè le piaceva tenere a bada, nel medesimo tempo, lui Goffredo, Elia Rudel suo cugino, e Savary di Mal Leone.» Povera viscontessa! interruppe Giulia. Non sareste per caso un po' crudele con lei?
Però, a mala pena ebbe il marchese Onofrio tartagliate le sue scuse, volse lo sguardo animoso a Ginevra, e le disse: Orbene, se gli amici non la sanno, vedrò di raccontarvela io; ma quella soltanto di Goffredo Rudel, che l'altra del Doria non l'ho presente ora. Ci contenteremo di quella; rispose Ginevra. Incomincio, dunque; ma badate, signora, che è lunga.
E nulla era più dolce al suo cuore che questo sottile e delicato «amor di lontano», questa passione traverso la distanza per un non veduto, non conosciuto amante. Ah, come era moderno e piccante tutto ciò! Eppoi anche così tredicesimo-secolo! Non c'era stato Jaufré Rudel, il principe poeta, che amò per tanti anni la non veduta contessa Melisenda?... E finalmente venne a morirle ai piedi?
Sussultò alle inattese parole il morente, e aperse gli occhi, quanto più gli venne fatto, contemplandola estatico. Non Aloise; mormorò egli poscia. Goffredo.... Goffredo Rudel! La contessa di Tripoli, pietosa, è venuta a consolare gli ultimi momenti del suo servo fedele. Fedele, sì, ma senza fede in lei! diss'ella, con accento di dolce rimprovero. Che idea, questo duello!
Eccoli in viaggio, alla scoperta dell'ignota bellezza. Il vento fischia nel sartiame; la tempesta assale il naviglio; il masso di Gibilterra torreggia spaventoso frammezzo alle brume; Goffredo Rudel non ode il fischio del vento; non bada ai marosi che invadono la coperta, e canta dolcemente d'amore.
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