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Aggiornato: 12 maggio 2025


È una casa a due piani dalle finestre altissime, che s'aprono su balconcini ricurvi, riparati da ringhiere in ferro assai rabescate: nel mezzo del piano della casa, tra due colonne doriche piuttosto tozze, sta la gran porta lunata recante sul colmo dell'arco lo stemma gentilizio della famiglia Ateni, tutto corroso dal tempo: gli architravi delle finestre sono molto rilevati, a triangolo greco, recante nei timpani la conchiglia rococò.

Andiamo innanzi, sempre in mezzo a due schiere di soldati, dietro ai quali ondeggia una folla bianca e incappucciata che ci divora cogli occhi. Son sempre gli stessi soldati, per buona parte ragazzi, col fez, la giacchetta rossa e le gambe nude. Alcuni hanno i calzoncini turchini, altri bianchi, altri verdi; molti sono in maniche di camicia; chi tiene il fucile al piede, chi sulla spalla; chi sta avanti, chi sta indietro. Gli ufficiali son vestiti a capriccio, da zuavi, da turcos, da spahì, alla greca, all'albanese, alla turca, con divise gallonate e arabescate d'oro e d'argento, con sciabole a scimitarra, spade, pugnali ricurvi, pistoloni, daghe, stivali alla scudiera e stivaletti gialli senza tallone; alcuni color di porpora da capo a piedi, altri tutti bianchi, altri tutti verdi che paiono mascherati da diavoli. Di tratto in tratto si vede fra loro un viso europeo che ci guarda con un'espressione di simpatia e di tristezza. Si vedono fino a dieci bandiere schierate insieme. Al nostro passaggio, squillano le trombe. Qualche braccio di donna s'intromette fra le teste di due soldati e s'agita col pugno chiuso verso di noi in atto di minaccia. Le mura della citt

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