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La cosa andò così. Tornò da un viaggio intorno al mondo un ufficiale di marina, Paolo Collemagno, amico d'infanzia di Luisa Cima, e fra gli altri doni esotici che le portò, vi fu una veste di crespo, giapponese. La veste era di un colore azzurrino molto pallido, come scolorito: e vi era tessuto dentro un disegno bianco e grigio di rami, di fiori e di uccelli, molto bizzarro, come appare alle fantasie europee tutto quello che esce dalle mani degli artefici dell'Estremo Oriente. La veste di crespo aveva la forma giapponese, perfetta: aperta innanzi, s'indossava come un accappatoio, incrociandosi poi, sul petto, con due risvolti, e riaprendosi un pochino, verso i piedi, facendo un po' di strascico rotondo e stretto, dietro. Alla cintura si serrava con una larga fascia che girava due volte intorno alla persona e che si annodava dietro, con un gran ciuffo. Ma le più strane e seducentemente strane erano le maniche, larghe, di una forma fra quadrata e triangolare, che si sollevavano come ali, che rialzandosi mostravano tutto il braccio nudo e che, riabbassandosi, coprivano le mani sino alla punta delle dita. Appena ebbe questa veste di crespo, Luisa Cima corse in camera sua a provarla: trovò che essa non rassomigliava a nessun'altra veste e che era, quindi, affascinante nella sua singolarit
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