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Aggiornato: 28 maggio 2025
La povera tosa metteva il capo dappertutto. Correva manoscritta una mesta poesia in morte di Silvio Pellico, nè vi era alcuno che non sapesse recitarla a memoria. Quella poesia cominciava coi versi: Luna, romito aereo, Tranquillo astro d'argento....
Come vi piace, santo padre. Mentre dunque quelle incolpazioni si discettavano, giunsi io. Gli araldi che guardavano le porte mi annunziano all'imperatore per oratore del papa. A questo titolo mi si vieta l'ingresso. Ma avendo insistito esser io cavaliere, ed avere lettera di Gregorio VII da presentare nelle proprie mani del re, m'intromettono alla presenza dell'augusto concilio. Superbamente un segretario dell'imperatore toglie la lettera per ordine di lui, e ad alta voce comincia a recitarla. Alle corrucciate ed amare parole della santit
Or Voi non siete nè l'uno nè l'altro: non siete che opportunista. Io so che solo, tra le quattro pareti della vostra camera, e guardandovi attorno a vedere che non vi siano onorevoli, Voi balbettate tre volte ogni sera, quasi giaculatoria d'espiazione, la nostra formola. Ma oggi, le circostanze non corrono favorevoli al recitarla in pubblico. La Monarchia è tuttora forte; potrebbe, come dissi, volendo; noi forse, volendo, non potremmo. Voi quindi, pubblicamente, siete monarchico. Pur nondimeno, ha la vostra coscienza prefisso un limite alla Monarchia, oltre il quale direte: non vuole? Potranno mai gli uomini, che un tempo vi stimarono fratello, incontrarvi, riaffratellato dai fatti, sulla loro via? Quante cessioni di terre italiane allo straniero esigerete per romper guerra? Quanto aumentare di servilit
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