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Aggiornato: 9 giugno 2025


Nelle letterarie discipline era valente del pari, sebbene dispettasse i poeti. Conosceva il latino e lo scriveva con quella eleganza che potevano ai suoi tempi insegnare i Gesuiti o gli Scolopii. Un suo volgarizzamento di Sallustio aveva fatto andare in brodo di succiole Tommaso Vallauri, e il teologo Margotti non aveva potuto beccarvi per entro nessun farfallone; della qual cosa aveva fatto un gran parlare sull'Armonia. Un suo trattatello Degli elementi dell'arte di governo lo aveva fatto salir in gran rinomanza presso i parrucconi di tutta Italia, e i legittimisti di Francia citavano «le marquis Torre Vivaldi» come uno «des hommes politiques les plus éminents de son temps, qui réunissait un esprit éclairé

E che le vie di Roma, stando a quello che scrisse don Margotti, eran piene di «facinorosi», di «tigri assetate di sangue» e di «donne di mala vita», tutta gente, come diceva l'oste milanese della «Luna piena», latina di bocca e latina di mano.

Il Fascio Operaio discuteva i problemi operai, polemizzava coi giornali che si occupavano dei redattori e dei loro articoli, decomponeva, a poco a poco, il Consolato operaio nelle mani dei romussiani, e attaccava, con qualche violenza, la democrazia al dorso del Secolo, chiamandola «vile». Cavallotti, che fino dai tempi del Gazzettino Rosa aveva imitato don Margotti, tenendo nella sua casa il casellario degli uomini pubblici casellario che se venisse pubblicato adesso sorprenderebbe molti e susciterebbe polemiche infinite si era occupato anche dei redattori del Fascio e specialmente di Costantino Lazzari, il quale, oltre essere il redattore capo del Fascio, era l'anima del partito operaio.

Il suo ingegno poliedrico fa pensare a don Margotti. La tendenza sentita negli scritti di don Davide è la mestizia o piuttosto l'emozione.

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