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Aggiornato: 22 giugno 2025
Il nero era una specie di fattore del vecchio gran sceriffo Bacali, uno dei più potenti personaggi della corte di Fez, proprietario di molte terre nei dintorni d'Alkazar. L'arabo era un uomo della campagna. La loro lite durava da un pezzo. Il nero, forte della protezione del suo padrone, aveva fatto più volte incarcerare e multare l'arabo accusandolo, e sostenendo l'accusa con molte testimonianze, d'avergli rubato cavalli, bestie bovine, derrate. L'arabo, che si diceva innocente, non trovando nessuno che osasse pigliar le sue difese contro il suo persecutore, un bel giorno aveva abbandonato il suo villaggio, era andato a Tangeri, aveva chiesto quale fosse l'Ambasciatore più generoso e più giusto, e inteso nominare l'Ambasciatore d'Italia, era andato a sgozzare un agnello davanti alla porta della Legazione, chiedendo in questa forma sacra a cui non si può opporre un rifiuto, protezione e giustizia. L'Ambasciatore l'aveva esaudito, s'era intromesso per mezzo dell'agente di Laracce, s'era rivolto alle autorit
L'Ambasciatore congedò il comandante della scorta di Laracce, che s'allontanò subito di galoppo coi suoi cavalieri; e ci rimettemmo in cammino colla scorta nuova, che cominciò immediatamente le cariche e i fuochi. Erano faccie più nere, vestiti più variopinti, cavalli più belli, grida più strane, cariche più selvaggiamente impetuose di quelle che avevamo visto fino allora.
Si passò il Mkhacem e l'Uarrur, due piccoli affluenti del Kus, o Lukkos, il Lixos degli antichi, che dalle montagne del Rif, dove nasce, si va a gettare nell'Atlantico a Laracce; e si continuò a camminare verso Alkazar a traverso a una serie di colline aride, non incontrando che di mezz'ora in mezz'ora qualche arabo e qualche cammello.
Parola Del Giorno
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